A ottanta anni dalla morte di Lenin (1924-2004)

I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve su Lenin, tratto da Rosso XXI, ottobre 2004, è stato diviso in otto parti.

Si veda anche quest'altro articolo di Costanzo Preve su Lenin.

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Lenin è morto ottanta anni fa (1924-2004). Ottanta anni sono un buon periodo storico per fare un bilancio. Inoltre, la mummia di Lenin non è ancora stata seppellita, ma Lenin ha da tempo cessato di essere il Grande Ideologo della legittimazione del Socialismo Reale. I sacerdoti, dopo aver bruciato sul rogo per settanta anni i dissenzienti, i pagani e gli eretici, sono passati dall’altra parte a celebrare i riti di nuove divinità vincitrici. Classico. Come Marx, Lenin è oggi “inattuale”. Anzi, lo è ancora di più, perché Marx può sempre prestarsi a chiacchiere generiche sull’emancipazione umana o sullo scandalo del divario fra ricchi e poveri, e diventar così un testimonial prestigioso ed innocuo del movimento No Global. Lenin no. Lenin è uno che ci ha provato, e non si è limitato ad operazioni mediatiche ed a proclamazioni testimoniali.

lenin

Per questa ragione Lenin è particolarmente odiato. Lenin è uno che ci ha provato, e per questo la sua memoria deve essere diffamata ed esecrata. Le considerazioni che qui svolgo sono già da me state svolte in altri contesti. Ma qui vengono riepilogate, riformulate e riproposte in modo sistematico, cosa che probabilmente il lettore dotato di spirito critico apprezzerà.


La “leggenda nera” di Lenin, simbolo di un secolo diabolico da cui congedarsi

Gli storici definiscono “leggenda nera” (leyenda negra) la teoria per cui gli spagnoli avrebbero di fatto genocidato i popoli amerindi dell’America Latina. Non sono uno specialista di quella storia, e quanto dico deve essere preso con beneficio d’inventario. A me sembra che gli spagnoli volevano prima di tutto sottomettere e schiavizzare, mentre gli anglosassoni intendevano invece sgomberare il terreno e quindi direttamente genocidare. Se sbaglio mi si corregga. D’altra parte, poiché una immagine vale spesso più di mille pagine di teoria, basta guardare le facce di George Bush e di Hugo Chavez per sapere quale dei due modelli coloniali ha saputo integrare di più i dominati. Ancora adesso chi guarda i telefilm americani vedrà negri in tutte le salse, negri poliziotti, negri pompieri, persino negri dirigenti, ma non vedrà mai coppie miste di neri e di bianchi. Ci si chieda il perché, e si comincerà a capire qualcosa di più del mondo contemporaneo a direzione ideocratica imperiale americana.

Oggi Lenin è il protagonista principale, insieme a Hitler e Stalin (i poveri Mao e Mussolini sono obbligati a sedere in seconda fila!), della “leggenda nera” del novecento, secolo diabolico in cui l’utopia della virtù si è rovesciata in terrore (Hegel, Merleau-Ponty, Furet, eccetera), ed in cui il comunismo non è stato che l’applicazione politica del livellamento fordista al mondo sociale. Poiché noi italiani ci distinguiamo sempre per essere feroci e buffoni (ma spesso non sappiamo che gli altri se ne accorgono, e se non lo dicono è solo per educazione!), questa teoria è italiana come la pizza e l’alta moda, ed ha trovato in Marco Revelli il suo esponente più determinato. Il “pentimento” degli ex Lotta Continua, questo sgradevole fenomeno sociologico, morale ed editoriale, ha evidentemente una durata di molti decenni.

In realtà il novecento non può essere seriamente staccato dai secoli precedenti. Il seicento ha cominciato a proporre un modello di razionalità scientifica (Galileo) e filosofica (Spinoza), certo pieno di difetti per il suo inevitabile meccanicismo, ma comunque pieno di promesse. Il settecento ha esteso ed applicato questo modello di razionalità cercando di mediarlo con la conoscenza storica. L’ottocento, bene o male, ha prodotto per la prima volta una teoria emancipativa universalistica, piena di comprensibili difetti economicistici, storicistici ed utopistici, ma nello stesso tempo suscettibile di essere migliorata in un secondo tempo (Marx). Il novecento, infine, non è stato solo il secolo di Auschwitz e di Hiroshima, ma è anche stato il secolo “in cui ci si è provato” a cambiare il mondo (Lenin). Questo primo tentativo di cambiamento è storicamente fallito, ma non per questo deve essere anche filosoficamente delegittimato.

Ancora una volta ripeto la vera ragione dell’odio verso Lenin. Lenin deve essere maledetto perché ci ha provato. Certo, le “anime belle” che non si sporcano mai le mani non commettono mai errori o crimini. In proposito, la gente che si crede “colta” non capisce assolutamente la natura delle proposte apocalittiche alla Marco Revelli, e crede che si tratti solo di un “congedo” filosoficamente elaborato dal solo novecento fordista-comunista. Errore. Ciò da cui si vuole prendere congedo non è il solo novecento fordista-comunista, ma è l’intero progetto conoscitivo-emancipativo della modernità europea. Il “pentimento” della povera banda di Lotta Continua (Adriano Sofri, Marco Revelli, eccetera) è solo il punto di infiammazione patologica di una epidemia molto più diffusa, l’irrazionale congedo dall’intero progetto moderno, un progetto ad un tempo conoscitivo ed emancipativo.

Questo progetto è un progetto pratico, e la pratica è un’attività trasformatrice. Chi trasforma, dunque, deve a volte distruggere per ricostruire. Chi parla solo di frittata non deve rompere nessun uovo, ma chi vuole veramente cucinare una frittata deve necessariamente rompere le uova. Non ci si inganni sull’attuale retorica della Non-Violenza. E’ evidente che in linea di principio la Non-Violenza è meglio della Violenza. Bella scoperta! Fare l’amore è meglio di soffrire di un tumore! Una carezza è meglio di un colpo di scure! Convincere tutti è meglio di incarcerare anche solo una minoranza riottosa! E così potremmo continuare in una sagra delle banalità.

La retorica della Non-Violenza, oggi, al di là di essere un evidente segnale di integrazione simbolica nel sistema politico delle oligarchie finanziarie attuali, rappresenta il trionfo della “teoria parlata” sulla “pratica giocata”. Finalmente si può parlare di frittata senza dover anche spiacevolmente rompere le uova. Chi non capisce che siamo di fronte ad una crisi epocale della razionalità moderna, e ritiene che si tratti soltanto di un tragicomico momento congiunturale che caratterizza i codici di riconoscimento di gruppi relativamente esigui (anche se sovrarappresentati mediaticamente) di politici, giornalisti ed accademici, non coglie adeguatamente i tratti del tempo presente. Niente di nuovo. Tipico della “sinistra” è non cogliere mai il senso tragico della storia. Ci deve sempre essere un “lieto fine”, sempre una “proposta”, sempre una “soluzione”.

Ebbene, si ritorna sempre al punto di partenza, come nei giochi di dadi in cui si viene puniti perché si è capitati nella casella sbagliata. Lenin ci ha provato, dunque deve essere demonizzato. Marx ha solo scritto, ma non ci ha veramente provato. Fra i due demoni, dunque, Lenin è il peggiore.



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