Da Antonio Gramsci a Piero Fassino:

Note introduttive per farsi una ragione e capirci qualcosa in ciò che è successo nel comunismo italiano

IV parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in tredici parti, più un'introduzione.

All'introduzione

Alla parte precedente

Alla parte successiva




4. La mutazione antropologica staliniana del comunismo e l’uccisione di fatto del marxismo

Questo quarto paragrafo è il più importante di tutti e tredici, e bisogna che il lettore ci presti una attenzione particolare. Il segreto del fallimento del comunismo, infatti, non è teorico o politico, ma è antropologico, e consiste in estrema sintesi nella sostituzione di un modello identitario, gregario ed eterodiretto al precedente modello critico ed autonomo. Centomila pagine di teoria teorica non servono a niente, se questo punto non è capito ed è variamente occultato, rimosso e censurato.

Prendiamo la geniale biografia di Togliatti scritta da Giorgio Bocca. In questa biografia si parla di Angelo Tasca, allora ancora comunista, che racconta un fatto apparentemente sconcertante. Giunto a Mosca, nella riunione della direzione della Terza Internazionale, gli si chiese di firmare un documento di condanna di un altro documento delle opposizioni di allora senza neppure leggerlo. Il lettore ha letto bene: senza neppure leggerlo. Tasca naturalmente protestò, ma ci mise molto a capire la logica che shakespearianamente c’era in questa follia. Non si voleva una prova di razionalità critica, ma di obbedienza identitaria. Chi ha conosciuto dall’interno i partiti comunisti, paracomunisti o similcomunisti (ed io li ho conosciuti, e non uno solo) sa bene che razionalità, cultura e spirito critico non valgono nulla, e la sola cosa che vale è l’affidabilità di cordata. Chi si stupisce del fatto che siano giunti alla vetta del vecchio PCI un infantile cronico come Occhetto o un cinico nichilista come D’Alema mostra di ignorare le basi minime del suo funzionamento.

Fu Stalin, che creò il termine di “nemico del popolo”, a porre di fatto le basi antropologiche di questa catastrofe. Non discuto qui (ma lo farò in altra sede) tutti i problemi dello stato di necessità, dell’accerchiamento capitalistico, e di tutto l’apparato argomentativo dei giustificazionisti storici dell’ineluttabilità dello stalinismo come solo modo di “tenere” in condizioni eccezionali. Ho ascoltato queste argomentazioni centinaia di volte. Le conosco a memoria. Ma esse non colgono a mio avviso il centro del problema.

Questo centro viene colto invece da teorici che hanno vissuto nei paesi del cosiddetto “socialismo reale”, come l’ungherese Agnes Heller ed il polacco Lezek Kolakowski. Noto en passant che entrambi sono pensatori passati integralmente al liberalismo filocapitalistico, laddove invece io non ho compiuto questo passaggio, ma anzi spendo la mia (modestissima) identità di pensatore proprio nell’oppormi a questa resa, che caratterizza la grande maggioranza dei teorici della mia sciagurata generazione. Eppure, ripeto, la Heller e Kolakowski individuano il centro del problema, mentre migliaia di confusionari neppure lo intuiscono.

Che cosa sostengono la Heller e Kolakowski? In breve, che essere “stalinisti” non consiste nel sostenere opinioni per caso coincidenti con quelle di Stalin, come per esempio che era inevitabile costruire il socialismo in un solo paese, che la filosofia del marxismo è il materialismo dialettico o che è stato tatticamente opportuno fare il patto Hitler-Stalin dell’agosto 1939, ecc., ma consiste nella rinuncia a rivendicare il proprio sovrano diritto alla libera interpretazione del libero pensiero marxista sostituendo questo diritto con l’obbedienza identitaria aprioristica a qualunque svolta tattica e strategica del capo. Chi rivendica la sovranità del proprio libero pensiero, infatti, potrebbe essere “stalinista” in alcuni casi ed in altri invece no. Ma lo stalinismo non è un insieme di opinioni, alcune ragionevoli ed alcune irragionevoli, ma è l’assunzione di un’antropologia identitaria necessariamente di tipo “magico”, secondo l’espressione di Kolakowski, per cui la verità di una proposizione dipende esclusivamente dal fatto che la sua fonte sia o meno “impura”. Per esempio l’esistenza dei campi staliniani è falsa fino a quando lo dicono i borghesi ed i trotzkisti, ma diventa vera quando lo ammette lo stesso Krusciov al XX congresso del PCUS nel 1956.

In questo modo il marxismo muore, perché dopo la morte di Marx il marxismo può soltanto esistere nella forma del confronto razionale fra forme di marxismo differenti. Se invece si dichiara che di marxismo ce n’è uno solo, il marxismo ortodosso leniniano-staliniano, e poi kruscioviano-brezneviano, ecc., e tutte le altre forme sono solo astute varianti di infiltrazione dei nemici del popolo o di eclettismo piccolo-borghese, allora non si ha soltanto un “decadimento” o un “irrigidimento” del metodo marxista, ma si ha semplicemente la sua sparizione.

Palmiro Togliatti portò questo modello in Italia. Non ha nessuna importanza che egli fosse per lo storicismo anziché per il materialismo dialettico, o altre sciocchezze per specialisti di filosofia. Ciò che conta è che egli portò in Italia questo modello antropologico di dipendenza identitaria e di paranoia sociologica. La genesi del ghigno di sufficienza di D’Alema durante la guerra del Kosovo sta proprio lì. A questo punto, chi continua a non capirlo è proprio un caso incurabile.



Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




e-mail


Visitate anche il blog di Kelebek

Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca