Roberto De Mattei
eminenza grigia di Gianfranco Fini
 

di Andrea Carancini




Nota: Un articolo di particolare interesse in quanto il suo autore proviene da ambienti cattolici storicamente vicini a quelli dello stesso Roberto De Mattei



In una precedente puntata mi sono soffermato sulle curiose convergenze ideologiche tra due lobbies, apparentemente agli antipodi, quali quelle costituite da un lato da associazioni tipo Alleanza Cattolica e Centro Lepanto e, dall’altro, dal Partito Radicale. In quell’occasione ho avuto anche modo di sottolineare la brillante carriera di Roberto De Mattei, già storico dirigente di Alleanza Cattolica nonché fondatore del Centro Lepanto, all’ombra del vice-premier Gianfranco Fini. A tal proposito bisogna fare un aggiornamento: dopo essere stato nominato da Fini (di cui è anche consigliere a Palazzo Chigi per la politica estera) commissario del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), il professor De Mattei è diventato di tale organismo il vice-presidente nel luglio 2004 e sta per pubblicare, per le edizioni di Liberal, il volume “L’identità come progetto di ricerca”.

Riprendiamo il filo del discorso da tale personaggio (precisazione per il lettore: nel prosieguo dell’articolo userò talvolta l’espressione De Mattei&co. riferendomi anche ad Alleanza Cattolica. Se infatti il prof.De Mattei non fa più parte della detta associazione dal 1981, continua a condividerne però l’ideologia e la strategia politica con puntuale concordanza).

Nell’ottobre del 2003 Panorama ha citato proprio il detto professore come uno degli artefici, discreti ma efficaci, dello “sdoganamento” dell’ex-fascista Gianfranco Fini sulla scena della diplomazia internazionale, con particolare riferimento alla Spagna di Aznar. La domanda è: come è possibile che un oscuro professore dell’Università di Cassino possa arrivare a legittimare un vice-premier? In un paese normale dovrebbe accadere il contrario, eppure... Prima di rispondere però vorrei richiamare alcuni fatti che fanno da sfondo al percorso di De Mattei e alle affinità tra Alleanza Cattolica-Centro Lepanto e i radicali.



de mattei gianfranco fini

Gianfranco Fini sorpreso all'uscita della sede del primo ministro inglese, dopo un incontro preparatorio alla guerra contro l'Iraq.
Ad accompagnarlo come sempre nelle missioni importanti, Roberto De Mattei

Il primo fatto, dimenticato dai più, è che nel primo governo Berlusconi i radicali facevano parte della maggioranza, sia pure senza incarichi ministeriali: erano quindi alleati anche di Alleanza Cattolica e del prof.De Mattei.

Il secondo fatto risale al 1999, quando, in occasione delle europee viene siglato il patto elettorale detto dell’”elefantino”, l’alleanza cioè tra Alleanza Nazionale (partito di riferimento per molti dirigenti e militanti di Alleanza Cattolica) il liberal Mariotto Segni e il radicale Marco Taradash. Un’alleanza che non ebbe seguito vista la sonora bocciatura riservatale dall’elettorato post-missino. Su questo episodio però occorre fermarsi un attimo. Dicevo nel precedente articolo che l’orientamento ideologico di Alleanza Cattolica e del Centro Lepanto, attualmente vincente all’interno del Polo, è antitetico rispetto a quello della destra sociale di AN. Preciso: è antitetico rispetto ai militanti della destra sociale (ignari perlopiù di quello che gli passa sopra la testa) non certo rispetto alle mire reali di dirigenti come Alemanno e Storace. E’ vero infatti che Alemanno (che all’epoca sostenne l’accordo con Segni e Taradash salvo bocciarlo ipocritamente a posteriori) non è di Alleanza Cattolica ma è legato anch’egli, come De Mattei e Alleanza Cattolica, alle ormai famose Heritage Foundation e American Enterprise Institute nonché, tramite padre Robert Sirico, all’Acton Institute, tutte lucrose fondazioni dei cosiddetti neoconservatori d’oltreoceano. Del resto è un dato ormai acclarato che Alemanno studi da delfino di Fini…

Con il terzo fatto i legami cominciano a farsi più chiari: nel giugno 1997 si tenne a Roma un convegno, organizzato da Alleanza Cattolica, su “Libertà Religiosa e legislazione anti-sette” in cui troviamo tra i relatori proprio Marco Taradash, che elogia pubblicamente Alleanza Cattolica (fonte: Sodalitium n°46).

Un altro fatto da ricordare è poi la collaborazione regolare di Marco Respinti, uno dei più noti dirigenti di Alleanza Cattolica (nonché redattore del Secolo d’Italia, organo di AN) col quotidiano di area radicale L’Opinione.

Nel precedente articolo notavo, quale caratteristica che accomuna i radicali e Alleanza Cattolica, la pratica del transpartitismo: a integrazione di quanto detto a suo tempo va ricordato che Massimo Introvigne negli anni 90 era componente del comitato centrale del CCD di Pierferdinando Casini (attuale Presidente della Camera), il partito di “cattolici-liberali” supportato nel 1996 anche da De Mattei dalle colonne, tra gli altri, del Messaggero Veneto. Negli anni 2000, come si è visto, Introvigne passa alla direzione nazionale di Forza Italia e De Mattei diventa un’eminenza grigia di AN mentre il CCD (ora UDC) rimane presidiato dal fido Michele Vietti…

Proseguiamo: per quanto passi ancora oggi, nonostante la sua multiforme militanza, quale ferreo cattolico integralista, il prof.De Mattei trova anche il tempo di collaborare al quotidiano radical-chic Il Riformista, diretto dall’ex-corrispondente da Londra di Repubblica Antonio Polito, da cui diffonde il verbo anglofilo caro ad Alleanza Cattolica e al Centro Lepanto, con articoli tipo: “TONY BLAIR NON E’ <<MISTER NO>>, BERLUSCONI SI FIDI DI LUI”.

In effetti è vero che Blair non è “Mister NO”: è infatti responsabile della legge sulla fecondazione assistita più permissiva d’Europa nonché il primo premier al mondo ad aver dato il via libera ufficiale alla clonazione di embrioni umani, sia pure a fini terapeutici, legge supportata dai radicali a Strasburgo ma sconfessata dal Parlamento Europeo.

Il Riformista peraltro figura tra i promotori dei referendum, capitanati dai radicali, contro la recente legge italiana sulla fecondazione assistita, che ha scatenato le ire degli anticlericali di entrambi i poli.

Ora vorrei che il lettore ponesse mente a che tipo di personaggio è il prof. De Mattei: si tratta di un signore che la domenica assiste solo alla Messa in latino e che ritiene naturale, conformemente al vecchio catechismo, che in famiglia la moglie (con i figli) sia sottomessa al marito. Ora questo signore fa attività di lobbying su un quotidiano laicista (una volta si sarebbe detto: anticlericale) per un premier laburista (termine che un tempo era considerato da De Mattei &co. alla stregua di una parolaccia), autore di leggi che al detto prof., se fosse sincero, dovrebbero far rizzare i capelli: ammetterà il lettore che c’è qualcosa che non quadra.

Qualcosa di davvero strano se si pensa poi che Berlusconi venne definito una volta “L’Emilio Fede di Bush” da Daniele Luttazzi proprio per la sua notoria disponibilità verso gli interessi anglo-americani: perché mai De Mattei sente il bisogno di rammentargli certe cose? Berlusconi non è certo il tipo da dar retta  alla sinistra o ai pacifisti quando sono in ballo certe questioni e allora da chi è che si deve guardare che preoccupa tanto il prof.? Evidentemente dal mondo cattolico, non necessariamente di sinistra, a cominciare da una parte corposa della curia romana (che Berlusconi non si può permettere di snobbare a cuor leggero) non certo entusiasta dei governanti anglosassoni, e non solo per le leggi di cui sopra . Se gli dicono di non fidarsi troppo di Blair, hanno forse tutti i torti, anche da un punto di vista non cattolico, considerando che Bush, Blair e Aznar (con Berlusconi come ruota di scorta) hanno scatenato la guerra più impopolare del dopoguerra? Da questo si può misurare la gravità del comportamento di certi personaggi: rispetto ai delicati equilibri della diplomazia vaticana il ruolo di De Mattei &co. sembra proprio (e di fatto è) quello dei guastatori.

Ma qui emerge il dato più sconcertante: prima di tornare alla domanda iniziale bisogna infatti soffermarsi un attimo sui rapporti tra De Mattei&co. e il Vaticano. Il professore di Cassino non solo collabora all’Osservatore Romano ma nel 2000 venne addirittura nominato  custode della salma di Papa Pio IX in occasione della traslazione temporanea delle sacre Spoglie a Senigallia nel quadro delle cerimonie di beatificazione (fonte: comunicazione personale di Mons.Angelo Mencucci, della diocesi di Senigallia).

La cosa dovrebbe fare effetto sia perché, come detto, De Mattei &co. disobbediscono tranquillamente a Giovanni Paolo II quando sono in gioco gli interessi anglo-americani, superando in oltranzismo persino i radicali , come nel caso della guerra all’Iraq, ma anche ricordando l’ormai quasi ventennale condanna dell’associazione TFP  (Tradiçao, Familia e Propietade o Tradizione Famiglia e Proprietà), di cui De Mattei è lo storico ufficiale in Italia, quale setta esoterica e millenarista da parte dei vescovi brasiliani (L’Osservatore Romano, edizione spagnola del 07.07.1985).

L’aspetto più inquietante però è che certe forme di “diversificazione” oggidì possono riguardare non solo laici come gli esponenti di Alleanza Cattolica e del Centro Lepanto ma anche cardinali di primo piano come Mons. Ruini, che ugualmente espresse una linea divergente da quella pontificia in occasione della guerra all’Afghanistan, senza conseguenze di sorta.

Mons. Ruini è senza dubbio un fine politico, molto più della maggior parte dei leader politici attuali ma proprio qui sta il problema: al tempo di Pio XII non c’erano “politici” (almeno a livello ufficiale), ma solo diplomatici al servizio del Papa.

E’ quindi evidente che oggi nella Chiesa non opera più una logica integralmente ecclesiale bensì una logica di tipo dialettico, da partito politico. In questa dialettica consiste il “fumo di Satana” denunciato a suo tempo da Paolo VI: si rema contro Giovanni Paolo II con il consenso di Giovanni Paolo II.

Il lettore sarà consapevole, a questo punto, che tutto ciò getta un’ombra non indifferente sulla posizione di quest’ultimo e sui suoi reali sforzi in favore della pace…

Intanto, mentre la guerra prosegue il suo corso, e i nostri crociati all’italiana (armiamoci e partite) si profondono sui fogli di regime in dotte disquisizioni sulle differenze tra il modello americano hamiltoniano e quello jeffersoniano, in Iraq la comunità cristiana irachena è stata praticamente demolita e più di 40.000 cattolici caldei sono fuggiti dal paese che un tempo permetteva loro di vivere (fonte: Agenzia Zenit del 24 agosto 2004).

Non c’è male come “effetto collaterale”! In fondo però, cosa volete che siano 40.000 caldei quando sono in gioco i valori “jacksoniani e pre-illuministi” dei nostri fratelli americani! Fratelli come il generale MacArthur, definito da De Mattei rappresentante di “una cultura tipicamente americana dell’onore e della fierezza”.

Dice bene De Mattei: fratelli, perché anche se il prof. nel detto articolo non lo rammenta, il generale MacArthur è stato uno dei massoni più famosi del novecento: “ Douglas MacArthur, a mason for all seasons”, un massone per tutte le stagioni, è il titolo di un articolo di Herbert G. Gardiner, storico ufficiale della Gran Loggia delle Hawaii.

Scrive infatti Gardiner che MacArthur fu creato “massone a vista” il 17 gennaio 1936 nella Gran Loggia delle Filippine ed ebbe il 33° grado “ad honorem” l’8 dicembre 1945 nell’ambasciata americana di Tokio. Le Filippine però erano un destino di famiglia: Arthur MacArthur, padre di Douglas (e maestro massone della loggia Magnolia n°60 di Little Rock, Arkansas), guidò infatti il contingente americano contro l’esercito spagnolo a Manila, durante la guerra ispano-americana del 1898 e combatté successivamente contro gli irredentisti filippini.

Quale fu il risultato della guerra del 1898? Semplice: i padri missionari furono cacciati e venne impiantata la massoneria (fino ad allora severamente bandita) che divenne fiorente, talmente fiorente da essere sostenuta dagli stessi irredentisti che poi combatterono gli americani. Ma, come ricorda Gardiner, la rivolta anti-americana “ebbe luogo dopo che la Spagna era stata sconfitta dagli americani, il governo spagnolo cancellato e il potere dei missionari eliminato”.

Sarà un caso ma ogni volta che i “fratelli” jacksoniani mettono piede da qualche parte per i cattolici sono dolori (e non solo per loro…) anche se, a prendere per buone le parole di De Mattei (che cita Kissinger), sembra proprio che vi sia una continuità, anche rispetto ai fatti più recenti:

“Gli Stati Uniti… non possono intraprendere una importante guerra internazionale, senza il sostegno dei jacksoniani; una volta iniziata, i politici non possono interromperla se non alle condizioni dei jacksoniani. Senza questa influenza, non si può comprendere l'attuale opposizione americana agli accordi di Kyoto, alla Corte penale internazionale, al
finanziamento dell'Onu e del Fondo monetario internazionale, né tantomeno, aggiungiamo noi, l'iniziativa bellica contro l'Afghanistan e l'Iraq.”
(art. cit.)

Ci vuole quindi una non trascurabile faccia di bronzo per parlare, come ha fatto De Mattei a Napoli in occasione del convegno del 1998, sulla cristianità come eredità e come prospettiva secondo Elias de Tejada”: per Elias de Tejada il baluardo della cristianità erano le Spagne (da notare il plurale: il Regno ispanico era infatti una confederazione) quelle Spagne a cui i “fratelli” di De Mattei hanno dato il colpo di grazia!

Quello che impressiona di certi personaggi è la disinvoltura: questo passare senza colpo ferire da Kissinger a Lepanto, da Bush alla “preghiera infuocata” di San Luigi Montfort, e non sai di quale fuoco parlino, se quello di Gesù e Maria o quello di Hiroshima e Nagasaki. Ci sarebbe da ridere se non fosse che De Mattei è arrivato a Palazzo Chigi.

Questo ci riporta alla domanda iniziale: da dove vengono gli agganci, anche internazionali, del prof.De Mattei? A mio parere da Plinio Correa De Oliveira, defunto capo della pittoresca setta TFP, di cui De Mattei e Alleanza Cattolica sono i satelliti italiani più conosciuti. Attenzione a non sottovalutare questo punto: nonostante la ridicolaggine dei costumi e delle cerimonie che gli esponenti TFP amano sfoggiare si tratta di predicatori “apocalittici” sorprendentemente integrati nelle leve di potere. Il fondatore dell’Heritage Foundation Paul Weyrich, che in Italia comincia ad essere noto solo adesso, era un sodale di Plinio fin dagli anni 80 (fonte: Orlando Fedeli ). Il fatto che la sfera d’influenza di questi personaggi si estenda particolarmente in Spagna dimostra quanto sia stata profonda (e nefasta) l’infiltrazione della TFP in ambito cattolico-tradizionalista, con il quale continua ad essere – erroneamente– identificata. Risalendo di legame in legame si nota, nell’insospettabile ramificazione di certe ideologie, quando sono sostenute dal denaro, anche un curioso legame tra l’ultra-conservatore  Weyrich e l’Esalen Institute, uno dei santuari della New Age californiana, entrambi sponsor del  (quantomeno) controverso presidente russo Boris Yeltsin (fonti: Margaret Quigley e Vittorio Zucconi).

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando De Mattei e Oscar Sanguinetti elogiavano dalle colonne di Cristianità, organo di Alleanza Cattolica, i libri di Anthony Sutton, come Wall Street and the rise of Hitler, sul potere di corruttela dell’alta finanza americana e definivano il processo di Norimberga “una tragica ed iniqua farsa”!

Detto questo rimane da spiegare qual è il fattore comune che lega due lobbies, come il Partito Radicale e i seguaci del dr. Plinio, che hanno pur sempre delle innegabili differenze. Secondo me – oltre la comune matrice liberista e liberale (i radicali in più sono anche libertari ma, come scrisse a suo tempo Il Riformista “il liberismo è la base del liberalismo, che è la base del libertarismo” ) – si tratta della convergenza di fondo che esiste tra la massoneria di sinistra e quella di destra, tra quella (volgarmente) anticlericale e quella “mistica”. E’ vero che formalmente parlando radicali e “alleantini” non sono logge ma è il loro integralismo complementare che ne tradisce l’origine. Per capire quello che hanno a cuore rileggiamo la parte conclusiva dell’intervista rilasciata ad AREA, il mensile di Alemanno e Storace, da Marco Taradash in occasione delle europee del 1999 (quelle che dovevano lanciare il sodalizio tra AN e il liberismo all’americana).

 DOMANDA: Il progetto dell’elefante diventa quindi quello di un percorso comune dove però le identità dei soggetti politici che vi concorrono restano ben distinte?

RISPOSTA: Laddove prevale la logica del maggioritario, è chiaro che le idee all’interno di uno schieramento possono anche essere agli antipodi. Negli Usa questo avviene in modo clamoroso, e direi che è un fatto normale, che dobbiamo accettare. (AREA, n°36, p.10)

L’integralismo di cui parliamo è quindi finalizzato ad un modello sociale, come quello americano, dove l’ultra-proibizionista (e cattolico-melchita) Paul Weyrich convive nello stesso partito con l’anti-proibizionista Milton Friedman: un modello fondato sull’ecumenismo dei valori e l’esclusivismo degli interessi, dove si può marciare divisi su aborto e droga ma si colpisce uniti quando entrano in gioco il rame cileno o il petrolio iracheno. Il modello quindi, detto in termini esoterici, della coincidentia oppositorum…ma forse la sto facendo troppo lunga, forse il lettore rischia di annoiarsi. Bene, visto però che abbiamo parlato di interessi diamo un’occhiata più ravvicinata al Riformista di Polito e Velardi (sì, proprio lui, l’ex-braccio destro di D’Alema) e ai “valori pre-illuministi” per i quali i nostrani dr. Stranamore in salsa cattolico-tradizionalista si prodigano con tanto zelo. Diamo la parola a Gossip News:

Il quotidiano "Il Riformista" ha festeggiato il primo compleanno con una festa multietnica nei saloni di Palazzo Ferrajoli affacciati su Piazza Colonna. Più di 500 invitati sfidando il maltempo sono stati accolti da Claudio Velardi e Antonio Polito rispettivamente presidente e direttore della testata festeggiata. Tre diverse cucine ispiravano i buffet. In una sala si potevano assaggiare specialità marocchine sentendo musica araba, in un'altra un cantante brasiliano accompagnava la degustazione di caipirinha e cucina carioca ed infine specialità indiane a base di riso e spezie, si assaggiavano in un ennesimo salone dove quattro indiani seduti su un antico tappeto suonavano strumenti tipici del loro paese.

Numerosi personaggi di destra e di sinistra si aggiravano conversando tra loro nelle sale del palazzo e tra i tanti abbiamo incontrato il senatore Francesco Cossiga, l'Onorevole Bobo Craxi, Claudio Martelli, il ministro per l'attività produttiva Adolfo Urso, il forzista Filippo Pepe, il presidente della provincia Enrico Gasbarra con la bella moglie Roberta, Irene Pivetti con il giovane marito, Mariapia dell'Utri con la figlia Araba, l'Onorevole Katia Belillo, l'Onorevole Pecorario Scanio, l'Onorevole Ugo Intini, il marchese Riccardo Crivelli, la contessa Patrizia De Black, Luca Barbareschi, Paolo Villaggio, Roberto D'Agostino, Alberto Rossi della soap opera "Un Posto al Sole", l'attore Antonio Catania, Costanza Malfatti, il principe Guglielmo Giovanelli Marconi.

A fine serata un'apprezzatissima sorpresa: Luca Vissani figlio di Gianfranco prepara la pasta cacio e pepe particolarmente apprezzata da Alain Elkann e Rosi Greco, Stefano e Massimo Micucci, Andrea Falcioni del caterig Fiordipane con l'affascinante fidanzata Tessa, l'Onorevole Enzo Carra, la giornalista del Corriere della Sera Maria Latella, Enrico e Iole Cisnetto, Maurizio Venafro, Valerio Veltroni e Barbara Palombelli. Ma non finisce quì!

A fine serata tra lo stupore generale, un gruppo di irriducibili mondani, capitanati dai conti Alessandro e Maurizio Marini Dettina, domandano al marchese Giuseppe Ferrajoli un salone per cambiarsi, lasciano giacche e cravatte e indossano abiti trasgessivi, unico look possibile per poter partecipare al "Supper Club" al party organizzato dalla bellissima Alexandra Leonetti di Santojanni che in completo nero punck, firmato Gucci, accoglieva 300 amici rigorosamente selezionati.




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