Il Vaticano benedice l'Impero
ottava parte
 

di Miguel Martinez




Questo è l'ottavo di una serie di articoli sulla svolta filoamericana del Vaticano. In cui si sondano le basi sociali e teologiche, la manovre dietro le quinte, i precedenti… se il discorso si fa complesso e lungo, portate pazienza.

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Qualcuno si potrebbe chiedere cosa spinge un numero così grande di ex-militanti di sinistra a schierarsi con l'Impero.

Non conosco bene il percorso di Richard Neuhaus. Posso immaginare che ci sia una certa differenza tra la vita passata come pastore alternativo di una chiesa in un quartiere nero e quella presente come sacerdote cattolico che gestisce diversi milioni di dollari, a fianco del Papa e del Presidente degli Stati Uniti. Perché qui non siamo solo di fronte a un cambiamento di idee, come può essere il passaggio dal cattolicesimo al buddismo, ma anche a un cambiamento di status.

Comunque non è necessario essere maligni. Nell'abusatissimo simbolo cinese del Tao, vediamo due masse roteanti, una chiara e una scura; ma ogni parte già contiene in potenza una pallina della tonalità opposta, un nucleo che la trasformerà nel contrario di se stessa.

tao yin yang


E nel cuore del pensiero dell'estrema sinistra, c'è già un nucleo che porta dritto a destra, se vogliamo usare ancora questi termini.

Sulla purezza dell'ortodossia marxista in Internet veglia - tra diversi altri - un certo Gennaro S.. Non sono abbastanza ferrato in marxologia comparata per dire esattamente quale tipo di ortodossia difenda (certamente non quella di Marx, che non amava le ortodossie). Ma conosco abbastanza l'umanità per riconoscere la figura dell'inquisitore. Come ci mostra l'Eymerich rivisto da Valerio Evangelisti, l'inquisitore può essere una persona colta, intelligente e lucida, come lo è Gennaro S.

Gennaro S., per polemizzare con me, ha postato recentemente un articolo di due autori americani, David North e David Walsh, dal significativo titolo Antiamericanismo: "L'antiimperialismo" degli sciocchi.

Il nucleo tenebroso nel chiarore, il puntino che farà diventare yin lo yang, è costituito da un elemento fondamentale del pensiero marxista.

Molte persone intelligenti hanno scritto molti libri su questi argomenti, ma cercherò di andare al punto, al costo di semplificare fin troppo. I marxisti dicono che il capitalismo sviluppa in maniera straordinaria le "forze produttive"; il problema è che ad appropriarsene sono in pochi. Il punto importante è ridistribuire quelle ricchezze: ovviamente le ricchezze utili, non tutte le sciocchezze che un mercato competitivo riesce a inventarsi.

È un principio che viene contestato da ecologisti e da amanti del Medioevo, ma basti pensare cosa potrebbe significare andare dal dentista senza anestetico per capire che è un'idea ragionevole: i marxisti dicono che l'anestetico è un progresso, che senza il capitalismo non ci sarebbe; ma se c'è, tutti dovrebbero potervi accedere.

Questo ragionamento porta i marxisti a guardare con interesse verso i paesi più industrializzati. Da un secolo e mezzo i marxisti occidentali cavalcano la tigre del capitalismo, sperando che li porti alla rivoluzione.

Il problema è che la tigre per ora non vuole saperne di fermarsi - tanto ha tutta la natura e mezzo mondo da saccheggiare ancora. E a forza di starci sopra, molti marxisti finiscono per stabilire una felice simbiosi con la tigre. Le ricchezze arrivano con il capitalismo, e questo è un fatto tangibile. Basta a un certo punto eliminare quel piccolo elemento utopistico della ridistribuzione: non è mai esistita tanta disuguaglianza al mondo come oggi.

Non so quanti posti ci siano ancora disponibili nella destra che conta per altri ex-sinistri, ma David North e David Walsh, i due autori citati dal nostro inquisitore, sono ottimi candidati per i pochi rimasti. Il loro articolo è disponibile in rete in inglese, quindi mi limiterò a segnalare alcuni punti. I due autori iniziano dicendo che l'undici settembre è stato un attacco contro l'America da parte di "un gruppo di persone apparentemente ispirate dal fondamentalismo islamico, una delle ideologie più reazionarie del mondo".

E questo già stabilisce chi è civile e chi no, ma con parole gradite alla sinistra: i nemici dell'Impero sono reazionari (e magari anche "fanatici", "dittatori" e "primitivi"). Come reazionari erano certamente i filippini, massacrati nella prima grande guerra imperiale americana nel 1898. Non parliamo poi dei nativi americani. L'attacco dei "reazionari" ha "rafforzato lo stato capitalista e rilanciato lo sciovinismo della destra": due cose che gli autori condannano, ma la colpa viene chiaramente espulsa dal sano corpo degli Stati Uniti.

Criticando un articolo di Charlotte Raven uscito su The Guardian, gli autori obiettano al fatto che lei parla criticamente dell'America in generale, e

"non usa mai termini come "il governo degli Stati Uniti", "l'élite dirigente degli Stati Uniti," o un equivalente. L'uso della nazionalità come ingiuria sarà sempre reazionaria."

Ma se la critica è ingiuria reazionaria, l'esaltazione della nazionalità evidentemente non lo è:

"Gli Stati Uniti furono, se uno considera la connessione tra teoria e politica, il prodotto dell'illuminismo. Costituirono i principi politici, reso concreto nella dichiarazione d'indipendenza e nella costituzione, piuttosto che religione o principi etnici, come base dell'identità nazionale. Questa origine della nazione sulla lotta per ideali astratti-democrazia e l'ideologia del repubblicanesimo-risuonò in tutto il mondo."
Ma è esattamente questa creazione di una comunità sulla base di "principi politici", che fa degli Stati Uniti, come dice Costanzo Preve, un'ideocrazia. E che rende tutti gli americani, non persone che nascono sullo stesso territorio, ma partecipi di una missione collettiva. E chi la pensa diversamente non è un oppositore, un dissidente; è un traditore.

Nel suo solito stile, apparentemente idiota, in realtà geniale in quanto rivelatore di profonde pulsioni nazionali, George W. Bush fa un paragone tra una ideologia popolare - quella della resistenza irachena - e un intero popolo ideologico, gli americani:

"Questa gente è brutale. Sono proprio il contrario degli americani. Noi diamo valore alla vita e alla dignità umana. A loro non interessano. Noi crediamo alla libertà; loro hanno un'ideologia di odio. E sono tosti, ma non tosti quanto l'America."

Proprio con questo spirito, i due David (ancora) marxisti ricordano, come Bush, che la nazione eletta ha un compito universale:

"Se uno non può trovare punti di partenza per una più alta forma di organizzazione sociale negli Stati Uniti, in quale angolo del mondo si potrebbero trovare? E inoltre, chi non vede alcuna base per il socialismo in America, chiaramente rinuncia a tutte le prospettive di un socialismo mondiale. Il marxista si è sempre distinto dal radicale generale dalla sua fiducia nel potenziale rivoluzionario della classe operaia americana."
Ci sono le vedove di mare che sanno attendere una vita, e ci sono altre, più accorte, che prima o poi smettono di aspettare. Che ritorni il loro marinaio, o che la "classe operaia americana" si decida a guidare la rivoluzione universale, anziché cercare di sopravvivere come può.



Per i due David, il male degli Stati Uniti si concentra unicamente in una "piccola cricca di capitalisti, padroni, e militaristi che minacciano e terrorizzano il mondo." Mele marce, insomma, come i torturatori di Abu Ghraib

E' la stessa illusione su cui si basano i film di Hollywood, in cui per un momento i malvagi sembrano prevalere, ma poi vincono i "sani valori americani". Come nel film Il distinto gentiluomo con Eddy Murphy che diventa per caso deputato: si scopre così tutto un mondo di corruzione, ma alla fine vince la mitica Costituzione.

eddy murphy distinto gentiluomo


Eddy Murphy, o Michael Moore, contro Bush: il male sistemico viene esorcizzato attraverso il capro espiatorio. Che è certamente un capro malvagio e pericoloso, ma non è il cuore del problema.

Ora, la trappola americana consiste proprio in questo: l'intera nazione è il bene, perché è un progetto "illuminista", che si rappresenti - come in questo caso - sotto le vesti del progressismo, o che si rappresenti sotto le vesti del suo gemello, il fondamentalismo biblico.

Quello che sfugge completamente a David Walsh e David North è la distinzione tra potere e dominio: essi contestano il potere di un Bush, per vivere poi totalmente sotto il dominio dell'americanismo.

Ora, chi si trova sotto l'incantesimo del dominio non può vedere il dominio stesso. Il portatore di americanismo non riesce a capire cosa gli si contesta: "perché ci odiano?", e la risposta è sorprendentemente uguale per Bush e per North/Walsh: "ci odiano perché ci invidiano", oppure "ci odiano perché sono razzisti".

E qui deve essere chiara una cosa. Il razzismo non è solo l'antipatia che un gruppo prova verso un altro, per qualunque motivo. Il razzismo è una forma di discriminazione sociale, di esclusione che fonda un dominio di classe. Il razzismo è quello del padrone bianco verso lo schiavo nero. Se ci fossero padroni neri e schiavi bianchi sarebbe ovviamente il contrario; ma non ci sono padroni neri.

Ora, esistono mille forme di risentimento etnico, più o meno motivato. Spesso stupido, sgradevole o feroce. Ma non si tratta di razzismo, quando qualche contadino nero del Sudafrica massacra di notte un proprietario terriero bianco. Certi sciocchi slogan palestinesi sui loro oppressori non costituiscono razzismo; né costituisce razzismo l'insieme dei pettegolezzi che si sentono spesso dagli immigrati in Italia, sulla stupidità, la cattiveria, la disonesta o la tendenza alla prevaricazione sessuale degli indigeni. Come diceva scandalizzato un mio amico, un gigantesco turco sciita e comunista che faceva il bracciante in Sicilia e doveva sfuggire continuamente alle molestie dei suoi datori di lavoro, "Italiani tutto omoseksuel omone".

Quando gli americani misero a morte Sacco e Vanzetti, c'era un forte elemento di razzismo antitaliano. Più o meno negli stessi anni, anche gli etiopi certamente dicevano peste e corna degli italiani che stavano mettendo a ferro e fuoco i loro villaggi. Ma non è la stessa cosa.

Non esiste il razzismo antiamericano, finché gli americani hanno le armi, e il resto dell'umanità è un bersaglio. Quando le parti saranno rovesciate, comincerò a preoccuparmi delle cose antipatiche che dicono sugli americani.




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