Da Antonio Gramsci a Piero Fassino:

Note introduttive per farsi una ragione e capirci qualcosa in ciò che è successo nel comunismo italiano

XIII parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in tredici parti, più un'introduzione.

All'introduzione

Alla parte precedente




13. La chiusura di una storia torinese. Da Antonio Gramsci a Piero Fassino

La storia del PCI si era già chiusa nel 1999. Ma in un certo senso la sua chiusura simbolica poteva avvenire solo a Torino, con la sostituzione della parola d’ordine “proletari di tutto il mondo unitevi” con il motto tipicamente torinese “non esageriamo” (esagerôma nen). Piero Fassino ha perfettamente ragione nello scrivere che egli ha fatto politica e continua a farla “per passione”. Io gli credo sinceramente. Se non ci fosse passione nessuno potrebbe fare la vita stressante e paranoica del ceto politico professionale.

Ma quale passione? Non certo la passione durevole della rivoluzione o dell’anticapitalismo. Si tratta della passione del “far politica”, una passione forse rispettabile, ma che con la passione precedente non ha assolutamente alcun rapporto. Nel libro di Fassino esistono scivolamenti semantici assolutamente esilaranti, come il fatto che l’aggettivo “iniquo” viene trasformato in “disequo”. Cose da psicanalista. Ma il succo è estremamente chiaro.

Io non ho dubbi, personalmente, sul fatto che la direzione Rutelli-Prodi-Fassino-Amato-D’Alema sia molto più affidabile per il grande capitalismo italiano ed internazionale di quanto lo sia la direzione Berlusconi-Bossi-Fini. Mi spiace molto che questa pacata e sobria affermazione possa suonare come “estremistica” laddove non lo è per niente, ed in proposito basta leggere la bibbia del grande capitale finanziario, l’inglese Economist. Ma non sta qui il problema. Il problema sta nel capire due cose, e solo due cose. La prima cosa da capire è che Fassino non ha assolutamente “tradito” Gramsci, ma ha soltanto preso atto di un fatto storico che tutti i gruppi estremistici continuano colpevolmente a rimuovere, e cioè che ogni progetto rivoluzionario anticapitalistico basato sulla classe operaia di fabbrica è tramontato definitivamente, e continuare ad agitarlo farà diventare (ma ha già fatto diventare) i comunisti come gli anarchici, e cioè residui di un passato glorioso ma che però non tornerà.

La seconda è che Fassino è oggi molto più egemone nella società di quanto lo siano correntonisti, cofferatiani, cossuttiani o bertinottiani vari. E se questo è vero, come mi sembra che sia, allora la situazione è veramente critica, perché registra semplicemente una sconfitta storica epocale di proporzioni inaudite.

E chi non lo ha ancora capito si svegli, per favore.



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