Di Sherif El Sebaie. Tratto dal sito aljazira.it. Sherif El Sebaie è un egiziano che vive in Italia e che cura un interessante blog.
Su questo sito, potete leggere anche:
Il divulgatore Arrigo Petacco spiega la storia ad Oriana Fallaci
lunedì, 12 aprile 2004 Gli scritti della Fallaci sono un
condensato dei peggiori pregiudizi e luoghi comuni che siano mai stati
raccontati sulla storia del mondo arabo-islamico. Anzi sono una vera e
propria offesa alla Storia, alla Cultura e all’intelligenza umana e in
quanto tali vanno analizzati e denunciati. I libri della Fallaci sono
come i virus: non li si può eliminare invocando censure e roghi, ma
attraverso l’attento studio e la critica documentata, anche a costo di
tapparsi il naso e dover chiedere le copie in prestito dalle librerie
per non metterle un centesimo in tasca. Altrimenti si rischia di
preservare intatto l’humus in cui simili libri nascono e crescono,
ovvero l’ignoranza. Ancora una volta, mi trovo costretto a riportare un passo del suo
ultimo capolavoro, "La Forza della Ragione" (!) per commentarlo. La
Fallaci nel suo libro infatti, riferendosi alle richieste presentate
dalle organizzazioni islamiche in Italia afferma che “ La più
odiosa, però, la più scandalosa, è quella che pretende di «Collaborare
alla tutela del patrimonio storico, artistico, ambientale,
architettonico, archeologico, archivistico, librario dell'islamismo». Questo, allo scopo di «agevolare la raccolta e il riordinamento dei beni culturali islamici»”. E poi aggiunge…(Quali
beni-culturali islamici, sfrontati?!? Quale
patrimonio-storico-artistico-ambientale-architettonico-archeologico-archivistico-librario
dell'islamismo, sfacciati?!? In Italia i vostri avi non hanno portato
nulla fuorché il grido «Mamma li turchi». Non hanno lasciato nulla
fuorché le lacrime delle creature che nelle città costiere e in Sicilia
i vostri pirati hanno ucciso o stuprato o rapito per rimpinguare i
mercati degli schiavi al Cairo, a Tunisi, ad Algeri, a Rabat, a
Istambul. Le donne e i neonati da vendere agli harem dei sultani e dei
visir e degli sceicchi ammalati di sesso e pedofilia. Gli uomini da
stroncare nelle vostre cave di pietra, i bambini e i giovinetti da
trasformare in macchine da guerra. In giannizzeri. Da Mazzara a
Siracusa, da Siracusa a Taranto, da Taranto a Bari, da Bari ad Ancona,
da Ancona a Ravenna, da Ravenna a Udine, da Genova a Livorno, da
Livorno a Pisa, da Pisa a Roma, da Roma a Salerno, da Salerno a
Palermo, i vostri avi sono sempre venuti per prendere e basta. Razziare
e basta. Quindi nei nostri musei, nei nostri archivi, nelle nostre
biblioteche, tra i nostri tesori archeologici e architettonici, non c'è
un bel nulla che vi appartenga). Ebbene…l’ultima affermazione, conclusione di una brillante quanto
inutile e faziosa dimostrazione di una brillante conoscenza della
geografia italiana (tesa ovviamente solo a riempire pagine e pagine da
rivendere come un libro), è alquanto sconvolgente. Il patrimonio
italiano nel settore artistico islamico è ricchissimo, certamente uno
dei più importanti al mondo. Ma è disperso quanto nessun altro: lo
affermano tutti gli studiosi di arte islamica in Italia. Quindi al di
là del fatto che gli arabi hanno lasciato una ricchissima eredità
culturale in Italia, è vera, legittima e anche utile la richiesta
relativa alla collaborazione per la tutela del patrimonio culturale
islamico in Italia. La Fallaci fa in effetti un’affermazione molto
grave quando sentenzia che nei musei italiani non v’è nulla che
riguardi la civiltà dell’Islam. Il collezionismo di arte islamica in
Italia ha origini nobili e la Fallaci, più di qualunque altro, lo
dovrebbe sapere. Il caso più notevole è in effetti quello delle
collezioni medicee fiorentine. Il celebre inventario dei beni di
Lorenzo il magnifico (che nel 1487 ricevette doni dal Sultano Mamelucco
d’Egitto, Qayt Bey), giuntoci in una copia del 1512 da un’idea
dell’interesse per i manufatti islamici. I “160 vasi domaschini di più
sorta” in effetti sono oggetti, probabilmente metallici, provenienti da
Damasco. A Napoli, presso il Museo Capodimonte, il globo celeste
eseguito per il Sultano Ayyubide Al Kamil (1218-1237) dal matematico e
architetto egiziano Qaysar (1178/9-1259) è uno dei cinque che si
conservano al mondo. A Venezia, Palazzo Ducale ha ospitato dal 30
ottobre del 1993 al 30 aprile del 1994, una delle più importanti mostre
mai allestite in Italia, intitolata “Eredità dell’Islam. Arte islamica
in Italia” con più di 300 oggetti, solo una parte dell’intero
patrimonio islamico italiano. Nel Museo Nazionale si San Matteo di Pisa è conservato un ingente
nucleo di scodelle ceramiche di produzione islamica che decoravano
alcune chiese di Pisa. L’uso di ceramiche a lustro di fattura islamica
per la decorazione delle facciate e dei campanili delle chiese è
attestato, grosso modo, in tutta l’Italia Medievale e ha fortemente
influenzato la produzione ceramica locale. E parlando di chiese mi
rendo conto che la Fallaci, si è scordata – elencando musei, archivi,
biblioteche ecc - del patrimonio islamico nelle Chiese italiane. Si,
proprio cosi: molti capolavori islamici sono nei Tesori delle
cattedrali e nelle chiese italiane. Portativi come ex voto, oppure doni
di personaggi celebri e potenti - molti papi - per onorare un
particolare luogo o locali per ingraziarsi le autorità religiose. Fra i
Tesori delle cattedrali è giustamente celebre quello di San Marco a
Venezia, ricco di opere d'arte islamica di eccezionale rilevanza; vi
fanno spicco i cristalli di rocca, oggetti di squisita eleganza e
fattura ineguagliata, la cui lucentezza e trasparenza simboleggiavano
nell'Europa cristiana la purezza della fede e che spesso venivano
trasformati in reliquari, senza che la presenza di iscrizioni arabe
turbasse in alcun modo i religiosi. Cristalli che provengono,
probabilmente, dal sacco di Costantinopoli del 1204. Ma non solo, mentre la Fallaci afferma che nelle biblioteche e
archivi nazionali non c’è nulla che riguardi il mondo musulmano, i
materiali cartacei formano vaste e importanti collezioni nazionali,
anche in questo caso disperse. Renato Traini, catalogatore del
patrimonio codicologico arabo segnala la presenza di manoscritti in 77
istituzioni di ben 47 città! Il nucleo più antico è quello con con i 60
manoscritti arabi e copti donati a Eugenio IV nel concilio fiorentino
del 1441. A Firenze, oltre al fondo mediceo-laurenziano, arricchito
dalle donazioni dell'inglese Lord Bertram Ashburnham (1797- 1878), è
importante il fondo Antonio Magliabechi (1633 - 1714) alla Nazionale.
La Biblioteca Universitaria di Bologna è legata alla figura di Luigi
Ferdinando Marsigli (1658 - 1730), viaggiatore in Oriente che ha
lasciato un fondo di seicento codici fra arabi, turchi, persiani, greci
ed ebraici. Giacomo (1725 - 1797) è la personalità di spicco nel
panorama veneziano, dove alla Pubblica Libreria dello Stato - che si
fonda sul nucleo di codici donati dal greco Cardinale Bessarione nel
1468 - si conservano un centinaio di manoscritti, compresi quelli del
convento dei SS Giovanni e Paolo transfugati a Venezia da un
funzionario ottomano cristiano. All’Ambrosiana di Milano un fondo di
circa 1600 codici arabi, ancora mal noto. Il patrimonio vaticano invece
è stimabile in 3000 testi arabi, cui vanno aggiunti i fondi turchi e
persiani. Ecc ecc. Quanto alla storia dell’eredità culturale araba radicata in Italia,
ci vorrebbero pagine e pagine per parlarne. Basterebbe però ricordare
al-Idrisi (1100-1165) che scrisse il “Libro di Ruggero”, opera
geografica dottissima dedicata a Ruggero II e Ibn Hamdis (1055-1133)
compositore di una raccolta poetica di seimila versi e autore della
celebre raccolta “La polvere di diamante” che vissero in Sicilia, per
averne un’idea. Basterebbe ricordare che i sovrani normanni in Sicilia
furono affascinati dalla civiltà degli arabi, che pure avevano
sconfitto: ne adottarono la struttura giuridica e sociale, fornendo le
condizioni per una ammirevole convivenza...ne adottarono gli stili
artistici: basta una visita alla "Zisa" e uno sguardo al soffitto della
cappella Palatina per convincersene. Perfino il favoloso manto di
incoronazione di Ruggero II, conservato oggi a Vienna, lo stesso con
cui verrà incoronato anche Federico II di Svevia è di chiara
ispirazione islamica, con una lunga e bellissima iscrizione araba
cufica. La domanda sorge spontanea, come si fa a pubblicare simili
affermazioni fallaciane proprio nel momento in cui la loro falsità è
palese e sotto gli occhi di tutti? Come si fa a delegare ad un
personaggio simile il compito di riscrivere la Storia? Vorrei ricordare
che varie pagine del nuovo libro della Fallaci sono “dedicate”
all’esperta tedesca Sigrid Hunke, colpevole di aver compilato uno dei
testi più importanti mai scritti sul contributo dato dalla civiltà
islamica al mondo occidentale, Allahs Sonne ueber dem Abendland
ovvero “Il sole di Allah brilla sull’Occidente”. La Hunke, uno dei
massimi esperti di orientalistica, deceduta nel 1999, viene descritta
come una “erudita quanto vuoi, intelligente quanto vuoi, ma fottuta nazista”,
e non c’è da meravigliarsi visto che il libro della ormai defunta Hunke
dimostra scientificamente tutto il contrario delle falsità affermate
dalla Fallaci nel suo primo capolavoro, ovvero il contributo dato dagli
arabi nei più svariati settori delle scienze umane. Ci vuole davvero un
bel coraggio per insultare in questo modo una persona come la Hunke,
colpevole secondo la Fallaci di far parte di quella fantomatica
“congiura” - a cui appartengono ovviamente tutti gli orientalisti,
arabisti, studiosi - tesa a denigrare la civiltà occidentale (secondo
la Fallaci “superiore”, manco a dirlo) a favore di quella islamica. Una
sola parola d’ordine è ammissibile quando una persona come la Fallaci
pretende di insegnare una Storia che non sa: Vergogna! Sherif El Sebaie |
© 2002 - 2004 aljazira.it
Il sito è in regime di Copyleft: la riproduzione dei materiali presenti in questo sito
è libera e incoraggiata purché citando la fonte per esteso
[nome del sito , dell'autore - e del traduttore - dell'articolo citato].
Tutti i diritti sugli articoli sono in tutti i casi riservati ad aljazira.it.
aljazira 2.0 di basbusa - powered by mos licenza GNU GPL.
Aljazira.it non ha nulla a che vedere con Aljazeera,
l'emittente satellitare del Qatar, ma è un sito opera di volontari esperti di mondo arabo
aperto alla collaborazione di tutti, a titolo gratuito,
per il solo piacere d'informare sul mondo arabo. 3alamayoram
|