Le saponette dell'Impero
VI parte
 

di Miguel Martinez




Questo è il sesto di una serie di otto articoli su Amway, i cristianisti o "theocon" e l'Impero americano.

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Soldi e potere

Se Betsy DeVos si limita a fare da tesoriere dell'Acton Institute, suo suocero Richard DeVos Sr, il fondatore di Amway, è stato addirittura responsabile delle finanze di tutto il partito repubblicano; proprio come lo speculatore edilizio del Florida Mel Sembler, oggi ambasciatore-proconsole dell'Impero in Italia; mentre Ronald Reagan, George Bush padre, il suo vicepresidente Dan Quayle e importanti esponenti repubblicani come Jack Kemp e Oliver North (noto per la triangolazione di armi e di droga a sostegno del terrorismo di destra in Nicaragua) hanno tutti parlato ai convegni di Amway.

In questa foto, vediamo ad esempio George Bush padre con Dexter Yager e sua moglie Birdie, la signora che abbiamo già incontrato nel ruolo di contatto diretto tra il Padreterno e la ditta di Amway.







Tom DeLay, capogruppo del partito repubblicano alla Camera, che sostiene pubblicamente il "piano Elon" per la deportazione dei nativi palestinesi dalla loro terra, è un ex-venditore di prodotti Amway. Non meno di cinque deputati del Partito Repubblicano - Sue Myrick, Jon Christensen, Dick Chrysler, John Ensign e Richard Rombo - sono attualmente distributori di Amway.

Nel 1996, Clinton concesse notevoli esenzioni fiscali ad Amway, nell'ambito di uno scambio di favori con il partito repubblicano. Non a caso: Amway aveva fatto la più grande donazione singola mai ricevuta da un partito politico nella storia degli Stati Uniti - 2,5 milioni di dollari al partito repubblicano nel 1994.

Nel 1996, Amway aveva pagato i costi del convegno nazionale del partito repubblicano a San Diego (1,3 milioni di dollari); i coniugi DeVos e Amway donarono complessivamente un altro milione di dollari al partito nel 1997; nel 2000, Amway veniva subito dietro la Reynolds Tabacco come maggior contribuente al partito; e nel 2004, un progetto del partito fu finanziato da Richard DeVos e da Jay Van Andel con due milioni di dollari a testa (Newsweek, "The Secret Money War," September 20, 2004.)

Il futuro che ci attende

Ho fornito un lungo elenco di nomi e fatto molte digressioni. Non c'è bisogno di tenere tutti a mente: ho voluto piuttosto rendere qualcosa dell'atmosfera del dominio americanista. Quello che va tenuto presente è lo stretto legame che esiste tra Amway e tutte le forze dominanti negli Stati Uniti da una parte - economiche, politiche e religiose - e tra Amway e l'Acton Institute dall'altra; e tra l'Acton Institute e alcune delle forze più potenti attualmente all'interno del Vaticano.

Si resta profondamente colpiti da questo curioso tentativo da parte di una multinazionale delle saponette, e dei suoi fondatori evangelici fondamentalisti, di condizionare il futuro della Chiesa Cattolica. Jack Kemp, ex-giocatore di football, deputato repubblicano e oggi impegnato con Empower America, un'organizzazione dedicata a "diffondere il capitalismo democratico in tutto il mondo", spiega bene la potenza politica di Amway:

"Noi di Empower America siamo interessati a portare la democrazia e la libertà e il capitalismo imprenditoriale nel resto del mondo. Conosco un modo eccezionale per farlo. Se vogliamo buttare giù Castro ed eliminare il comunismo a Cuba… mandate loro qualche distributore di Amway… quello risolverà il problema!"
Jack Kemp, on Faith, Family, Freedom & The Future audiotape FED 94-7 copyright Internet Services Corporation cit. in Merchants of Deception
Jack Kemp, va ricordato, è anche il vicepresidente dell'International Democratic Union, l'organismo che collega i partiti di centrodestra di tutto il mondo, ed è membro della Heritage Foundation, forse il più potente di tutti i think tank.

Hiroshima sull'Italia

In questo periodo, sentiamo spesso parlare della minaccia islamica alla "identità cattolica" del nostro paese, persino da parte di atei conclamati come Giuliano Ferrara o il Prodotto Oriana Fallaci.

Ora, si può pensare qualunque cosa si voglia sull'Islam. Si può anche discutere di situazioni contingenti, di incomprensioni, di problemi associati - come in ogni migrazione - con la presenza di molti giovani maschi soli, che possono in certi casi diventare delinquenti, o magari già esserlo. Ma la "minaccia all'identità" non riguarda assolutamente problemi di questo tipo: l'identità (vera o presunta) cambia quando siamo noi a cambiare.

Quindi la domanda è - l'italiano medio sente una forte spinta a farsi musulmano?

Ragioniamo un momento. Stiamo parlando di meno di un milione di persone immigrate in Italia (questo ci lascia circa un 97% di non musulmani nel nostro paese). La stragrande maggioranza di queste persone è molto povera e non possiede né gli strumenti culturali per comunicare, nè i mezzi legali per farsi valere; la loro sopravvivenza dipende in larga misura dalla buona volontà dei loro datori di lavoro o dal capriccio di un impiegato della Questura. Questa gente cerca di sopravvivere come può, e ogni giorno subisce l'intensa pressione dei media, della scuola, dell'ambiente in cui vive - e magari anche della polizia - perché conformi alla civiltà che si autodefinisce superiore.

Ogni giorno, loro vedono in televisione i salotti-modelli dell'Occidente immaginario nella loro televisione.

Noi non vediamo mai i loro salotti, né veri né immaginari.

Mentre gli identitari guardano la pagliuzza islamica, chiudono fermamente gli occhi di fronte alla trave americanista.

Infatti, la cultura americanista penetra in tutti i pori della società. Domina i rapporti di lavoro, domina il cinema, domina la nostra stessa identificazione come "occidentali".

Eppure l'americanismo è alieno all'Italia almeno quanto l'Islam, e forse di più. Perché, per quanto si possa aver litigato in passato, tra contadini umbri, marinai siciliani, pirati genovesi, mercanti greci, preti copti, sultani ottomani, corsari tunisini, muratori iracheni, c'è un'antichissima intesa.

Venezia è una città sorta sul commercio e sul saccheggio, le cui calli raccontano storie terribili di ingiustizia e violenza. Eppure costituisce, realmente, un ponte tra Oriente e Occidente, un simbolo di due mondi inscindibilmente legati.

Ma esiste anche un'altra Venezia, fisicamente più simile a Venezia di qualsiasi altra città nel mondo, che ne rappresenta la grottesca caricatura e l'assassinio della sua anima.

La Venezia di Las Vegas - Venetian Resort Hotel Casino - insieme albergo, casinò e sala congressi per grosse aziende, è la creatura di un certo Sheldon G. Adelson. Figlio di un tassista di Boston, divenne poi broker e imprenditore turistico. Vide Venezia brevemente durante il viaggio di nozze, e decise subito di costruirne una replica a Las Vegas (dal costo, ci tiene lui stesso a far sapere, di 1,5 milardi di dollari).





Sheldon Adelson in gondola nell'arido cuore del Nevada

Questo imprenditore delle scommesse è oggi nella lista dei 400 uomini più ricchi del mondo, stilata da Forbes, ed è anche vicepresidente della Republican Jewish Coalition, organismo di sostegno al partito di Bush che dichiara di avere come propria priorità gli interessi di Israele. Il partito che assilla il paese con i sani valori della famiglia non esita evidentemente a prendere i soldi dal dissoluto mondo del gioco d'azzardo e delle soubrette...






La Venezia notturna del signor Adelson. Significativamente, il casinò è più alto del finto campanile

Theodor Adorno e Max Horkheimer, profughi europei in terra statunitense, hanno colto immediatamente il senso del sistema in cui erano entrati:

"è dato avvertire da sempre nell'amusement, il tono della manipolazione commerciale, il sales talk, la voce dell'imbonitore nella sua baracca da fiera. Ma l'affinità originaria del mondo degli affari e di quello dell'amusement si rivela nel significato proprio di quest'ultimo: che non è altro che l'apologia della società. Divertirsi significa essere d'accordo.

[…] Alla base del divertimento c'è un sentimento di impotenza. Esso è, effettivamente, una fuga, ma non già, come pretende di essere, una fuga dalla cattiva realtà, ma dall'ultima velleità di resistenza che essa può avere ancora lasciato sopravvivere negli individui"
Theodor Adorno, Max Horkheimer, Dialettica dell'illuminismo, Einaudit, 1997, p. 154)



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