Beautiful Oriana
terza puntata
 



Di Sherif El Sebaie. Tratto dal sito aljazira.it Sherif El Sebaie è un egiziano che vive in Italia e che cura un interessante blog.

Alla prima puntata
Alla puntata successiva

Questo articolo fa parte di un'antologia di articoli critici su Oriana Fallaci.




martedì, 21 settembre 2004

Prosegue la caccia al tesoro della Fallaci... In questa puntata viene alla luce il nuovo ritratto della famosa scrittrice. Quello che - in mezzo agli abbondanti scritti, dettagli, commenti - spesso sfugge agli ignari lettori. Da leggere, prima della quarta ed ultima puntata che spiega "il perché" delle precedenti tre.

È divertente scoprire, leggendo l’ultimo libricino della Fallaci, "Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci", che - dopo i guadagni, le diffide e le querele miliardarie - qualche commerciante le regala perfino i suoi prodotti. Il bottegaio che esclama “Di fagioli non gliene dò un chilo: gliene dò un chilo e mezzo. Gratis”, poi il benzinaio che esclama “I su’ spiccioli io ‘un li voglio. Anzi i giornali glieli regalo”. Unica delusione in quella meravigliosa giornata, la bottegaia che le vende una rete per il pollaio, la quale - pur riconoscendola come la “famosa scrittrice” - gliela fa pagare. “Unica differenza, la rete per il pollaio me la fece pagare” afferma, quasi con una punta di delusione, la nostra scrittrice.

Torna subito in mente il pezzo magistrale che Michele Serra scrisse nel lontano 1990, imitando lo “stile” della Fallaci, nel suo “44 falsi” : Lettera ad un pulcino mai nato.  Esordiva cosi: “Signora, mi deve mezzo dollaro” Con i suoi occhi cisposi, i denti cariati, l'alito fetido, l'espressione idiota, la voce odiosa, il salumiere aspettava che gli pagassi la dozzina di uova. Aveva la classica faccia da porco, ma da porco vecchio, malato, guasto dentro. Il suo negozio era disgustoso. Fuori cadeva, lentissima, una pioggia lercia. Vomitai: una, due, tre, quattro volte. Dentro le viscere sentivo esplodere la violenza, la meschinità, l'ignominia, la sporcizia, la volgarità, la viltà del mondo: l'orrore mi mordeva lo stomaco, me lo smangiava, me lo corrodeva. Mi accorsi che parlavo da sola, ma a voce altissima: gridando. Mi strappai i capelli, morsicai la borsetta, mi rotolai per terra, diedi fuoco a due scaffali, estrassi una rivoltella e sparai tre colpi in aria, suonai una tromba, feci la cacca, mi congiunsi spasmodicamente con un negro, mi tagliuzzai un piede con una lametta. Poi pagai il conto. Il salumiere mi fissò con la sua espressione ebete, laida, immonda, turpe, sconcia, triviale, ottusa, empia, cretina, ignorante, cafona, arrogante, offensiva. Io gli fissai le scarpe, veramente bruttissime, e gli allungai il suo schifoso, fottuto, atroce, insolente, blasfemo mezzo dollaro”. Un comportamento degno di Paperon de Paperoni il quale spesso afferma “I ricchi non sono mai generosi. Se fossero generosi non sarebbero ricchi”…

Scherzi a parte, il trucco del pollaio usato dalla Fallaci è davvero intelligente, o almeno voleva esserlo: non a caso ha segnato più di un commento al suo ultimo libro. Con i fagioli e il pollaio, la Fallaci voleva identificarsi con la classe contadina e spiegarci il perché di questa adorazione da parte del bottegaio e del benzinaio, persone rappresentative della gente semplice. Leggendo quella cosa del pollaio, l’ignaro lettore si sarebbe subito immaginato la famosa giornalista intenta a correre dietro le galline…Viene spontaneo chiedersi se la signora Fallaci alleva polli anche nella sua casa di New York. Sì… proprio quella situata in un esclusivo quartiere della Midtown Manhattan, non tanto lontana dalla casa di Greta Garbo e da quella della figlia di Ingrid Bergman…Ahimè, la realtà è ben diversa !

A darci uno spaccato della vita “contadina” della Fallaci già nel 1990, è Camilla Cederna, una delle giornaliste italiane di maggiore successo e una delle prime donne a scrivere di politica. La Cederna, scomparsa a 86 anni nel 1997, aveva scritto per prestigiosi settimanali, dall’Europeo (per cui ha lavorato la stessa Fallaci) all’Espresso (per il quale ha curato per oltre vent’anni la rubrica “Il lato debole”) oltre a numerosi libri di costume e di critica delle consuetudini italiane. Il suo best-seller, “Giovanni Leone. La carriera di un presidente” (1978) - libro che ha contribuito alle dimissioni di Leone da Presidente della Repubblica - fu venduto in settecentomila copie e le costò un processo per diffamazione che le inflisse, oltre ad una pesante multa, l'ordine di bruciare tutte le copie del suo libro. Una persona che non ha quindi nulla da invidiare alla Fallaci e alla sua carriera, anzi: mentre la Cederna veniva condannata per un libro che era in realtà un raro esempio di giornalismo d’inchiesta, capace di scompigliare l'ordine costituito e di coinvolgere migliaia di lettori, la Fallaci non ha dovuto subire nemmeno un rimprovero per i suoi libri “fatti per spaventare le portinaie d’Occidente” come giustamente commentò Ferrara.

Ed ecco cosa ci racconta la Cederna della Fallaci: “Nella sua bellissima tenuta valutata un bel numero di miliardi dove produce vino e olio e ha molte cascine, ha litigato con tutti i contadini, e resistendo a uno di loro che non voleva che sconfinasse nel suo territorio (o qualcosa di simile) si prese un ceffone che la mandò all'ospedale”. Già nel '74 si sa dall’Europeo che la Fallaci ha contadini del luogo a sue dipendenze, per “tener la casa pulita in campagna viene da noi la Nella che è una contadina del luogo”. Non solo, aggiunge la Cederna: “Acutissimi i suoi strilli quando, durante un festival del cinema a Venezia, disse che le avevano rubato tutti i gioielli. Panico fra gli ospiti e soprattutto nel personale. Poi il clamore si spense perché lei li trovò tutti in camera sua” e poi “Ancora oggi se si sentono urla in un vagone ristorante, si può essere sicuri che è l'Oriana che se la prende col cibo, o col cameriere o col maitre”.

Poi la Cederna prosegue “Già negli anni '60, quando nella taverna di casa Rizzoli in via Gesù (…) si proiettavano dei film in anteprima, sui tavoli della cena troneggiava il "Chianti Oriana Fallaci" che veniva dalla sua tenuta di Greve” . La passione della Fallaci per i vini di qualità è nota: ne parla per esempio George Gurley sul New York Observer: “Beve finissimi vini che custodisce nella sua casa” ma anche Santo L. Aricò, autore italo-americano della sua biografia, che comincia la recensione de “La Rabbia e l’orgoglio” ricordando come “Nel dicembre del 1991 ero seduto nella casa di Oriana Fallaci a Manhattan, a sorseggiare un bicchiere del suo costoso vino siciliano”. Ma anche per le sue sigarette, la Fallaci non bada a spese, ci raccontano nell’intervista a Panorama: “Compra le sigarette a dodici, quindici cartoni per volta. Gliele consegnano in un grande sacco nero di plastica, simile ai sacchi della spazzatura. Sono sigarette speciali, che si trovano soltanto a New York da Sherman's. Un pronipote del Generale Sherman, quello della Guerra Civile. Si chiamano "Virginia Circles", e alterna le "Virginia Circles" con i "Cigarettellos"”.

Un ritratto davvero interessante della vita personale della Fallaci-miliardaria. Che però contraddice vistosamente l’immagine che ha voluto e vuole dare di sé. Ovvero quella della povera ragazza appartenente ad una famiglia squattrinata (padre artigiano e madre casalinga), diventata in seguito un’autentica popolana che, con i poveri diritti d’autore, cucina fagioli ed alleva polli comprati al mercato. Mercato? Altroché! Direttamente dal ritratto che Annunziata e Rossella fecero della Fallaci, il seguente dettaglio: “Molti anni fa i loro opposti sentieri (della Fallaci e Greta Garbo, ndr) si incrociavano in un piccolo - ed esclusivo - negozio di cibo della 57esima Strada: Dover Delicacies”.  Forse è li, magari discutendo con il bottegaio o il benzinaio del paese, che le è venuta l’idea di prendersela con i musulmani che rubano il lavoro e con “le contesse che oggi stanno a sinistra perché di moda”. A sentire la Cederna, a sembrare un’aristocratica insofferente e paranoica è proprio la Fallaci! Che sia paranoica si è tentati di crederlo leggendo il ritratto che ne fanno Annunziata e Rossella su Panorama: “Da molti anni, si sa, la Fallaci non risponde al telefono. Non ha nemmeno una segreteria telefonica sulla quale si possano lasciare messaggi. Per tenere i contatti con lei i suoi amici devono sottostare a un complicatissimo sistema secondo cui a ogni amico corrisponde un certo numero di squilli. Poi lei richiama, magari dopo aver contato male gli squilli e sbagliando destinatario... Di rado apre la posta. Una volta si accorse con ben otto mesi di ritardo che una lettera non aperta conteneva un forte rimborso delle tasse federali americane". E si noti il “forte”… Nel diluvio delle reazioni sdegnate e meritate, il caso della Fallaci venne diagnosticato come “delirio clinico” (Terzani), di “demenza senile” (Cossutta, figlia), di “colica renale” (Serra). Le parole più frequenti erano: “vaneggiamento”, “delirio”, “farneticazione”, “follia" Perfino il cugino non ha esitato a definirla su Repubblica come una che è “sempre stata pazza furiosa, una capace di qualsiasi follia”. Può darsi. Per ora però, dissento. La signora Fallaci non è pazza. È molto intelligente. E a 75 anni suonati, la sua mente funziona meglio di qualsiasi contabile sulla faccia della terra.

“La Brownstone nella quale vive a New York – scrivono ancora Rossella e Annunziata - è antica (metà ottocento) e arredata all'antica: mobili, lumi, paralumi, quadri, vasellame, soprammobili, persino gli apparecchi telefonici. La sua di Firenze e la sua casa in Toscana, lo stesso. Tutto ciò che colleziona è antico. Incominciando dai libri. Secenteschi, settecenteschi, ottocenteschi volumi su Boccaccio, Ariosto, Torquato Tasso, Shakespeare in tutte le possibili edizioni.” L’antica signora, come si definisce, ha la passione per il passato. "Per me ogni oggetto del Passato è sacro. Un fossile, una terracottina, una monetina, una qualsiasi testimonianza di ciò che fummo e di ciò che facemmo”.

Ma andare a fare un giro per acquistare “qualcosina” del seicento-settecento-ottocento presso un antiquario-libraio a New York dove può capitare che entri anche Clinton (Fallaci dixit nel suo ultimo libro) o dall’antiquario-libraio Ken Gloss di Boston (uno dei più grandi antiquari-librai degli Stati Uniti) non è esattamente uno dei passatempi preferiti della gente che lotta per vivere quotidianamente. Chi di passato se ne intende, sa che è caro e che i mobili, quadri, volumi del seicento, settecento, ottocento non costano poco. Soprattutto se si deve arredare una casa di 23 camere come quella che ha in Toscana (Zona di Lamole). Lo racconta, ancora una volta, sul New York Observer, George Gurley : “La sua scrittura le ha reso la vita confortevole. Oltre la sua casa di Manhattan, ha una residenza a Firenze e una di campagna di 23 camere in Toscana”. Ma oltre a queste, assieme alla sorella, ha “una casina isolata che sorge in località Casale, fra la strada che porta al borgo di Lamole e un torrente” da affittare ai turisti.

Ecco perché mi è venuto da ridere quando ho letto un’altra lettera aperta alla Fallaci, a firma di Annapaola Laldi, in cui quest’ultima si lamentava con la “grande scrittrice” dei prezzi delle case in quella zona. “Mi permetta di fare un salto in un altro paesaggio che a Lei è senz'altro molto caro: il Chianti. (…) Sono belle queste costruzioni e mi fa piacere di vederle rispettosamente restaurate e ben tenute, ma non posso allontanare dalla mente questo semplice fatto: parecchie di queste case che, fino un tempo non molto lontano, hanno visto fra le loro pareti la fatica del vivere contadino, con i suoi stenti quotidiani, la paura di non riuscire a sfamare tutte le creature che nascevano, a volte la disperazione, perché anche da noi, un tempo, bastava poco per mettere in dubbio la sopravvivenza di tutta una famiglia, oggi sono usate come case di vacanza per i proprietari o turisti danarosi - e comunque, ormai, sono case da gente parecchio ricca. Mi fermo, a volte, nei paesi chiantigiani davanti alla vetrina delle agenzie immobiliari, guardo i prezzi, e mi domando quante persone normali, nate e cresciute lì, possono permettersi di comprare una casa in quelle zone. Non dico mica una casa colonica, ma proprio un semplice appartamento, anche piccolo. I prezzi sono letteralmente "mondiali" (qualcuno, tempo fa, parlava di Chiantishire!) (…) Ma, torno a domandare a me e a Lei come possono vivere davvero città e paesi senza persone normali che traggono la propria sussistenza da uno stipendio da operaio o impiegato o poliziotto?”. Signora Laldi…non le è mai passato per la mente che sta facendo la domanda giusta alla persona sbagliata?

A questo punto però, conviene porci una domanda: che senso ha, scrivere un articolo come questo? Un articolo che “fa i conti in tasca” alla Fallaci, che si concentra sulla sua persona, sulla sua vita privata, al punto di meritarsi un titolo che rievoca la famosa serie televisiva “Beautiful”? Lo scopriremo nella quarta ed ultima puntata, da leggere prima di esprimere qualsiasi giudizio sui contenuti delle tre puntate precedenti…

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