Per agevolare la lettura, questa storia della scuola italiana è stato diviso in venticinque parti.
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Ducati di Modena e Parma

La Restaurazione a Modena fece cadere il Ducato in un pesante oscurantismo. Una censura ferrea blocca ogni cosa, compreso Dante. L'istruzione è affidata all'ordine ripristinato dei gesuiti. Quella primaria praticamente non c'è, quella tecnica, proprio perché gestita dai gesuiti, è arretrata e dogmatica. I moti del 1848 trovarono un governo provvisorio che non si occupò di scuola e così, la Restaurazione non dovette prendere particolari provvedimenti. 

Al catechismo del regno d'Italia si sostituì la Dottrina Cristiana del Bellarmino; furono espulsi gli ebrei dalla scuola pubblica [...] Nello stato non si parla più di liceo, né di insegnamento di logica, morale, storia, geografia, disegno. Probabilmente si tornò alla scuola del 1774 [...] Nel 1819 si stabilì una limitazione e una sorveglianza sulle scuole private, ma le prescrizioni su questo punto furono quasi generalmente trasgredite, e nel 1825 il duca abolì queste scuole; l'ordine esplicito ebbe però in pratica molte attenuazioni. Mancando un regolamento generale per le scuole, e non potendosi applicare quello del 1811-1812 inviso all'autorità ducale, l'istruzione si trovò in una specie di anarchia. [2]

A Parma le cose andarono meglio, grazie all'influenza di Maria Luisa, moglie e poi vedova di Napoleone che riuscì a mantenere una ispirazione francese alle scuole del Ducato. Le scuole furono riportate sotto un rigido controllo e ai principi della morale cattolica che garantiva la governabilità dei principi. Anche qui i gesuiti tornarono in auge, quei gesuiti che avevano in odio l'istruzione popolare. Vi erano scuole primarie solo in alcune città e gli esami annuali erano solo per chi aveva certificati di frequenza al catechismo ed alle varie funzioni religiose. Maria Luisa poté attenuare le ricadute negative di quanto sopra poiché aveva un concordato con la Chiesa e poteva frenare la sua invadenza. Furono istituite scuole per maestri, esami di concorso per accedere all'insegnamento primario e secondario e si introdusse l'uso per tutte le scuole primarie di grammatiche d'italiano (1814). Nel 1818 vi furono interventi sugli stipendi e sulle pensioni dei maestri. La mancanza di questi ultimi fece aprire all'esperienza del mutuo insegnamento. Per le femmine povere vi erano pochissime  scuole che davano un minimo di alfabetizzazione (scuole luigine) e accoglienza di qualche indigente in scuole monastiche a pagamento per persone agiate. Si tentò solo nel 1856 di mettere su una scuola primaria femminile uguale alla maschile con in più i lavori domestici.

Nota positiva fu l'istituzione degli asili, anche se in ritardo (1841). Tale ritardo era dovuto ai liberali locali che volevano capire come s'inseriva tale politica in quella della auspicata unità d'Italia. L'esperimento durò solo 7 anni. Dopo il 1848 gli asili andarono a morire da sé proprio per il sopravvenuto disinteresse degli stessi liberali.

Per concludere si può dire che una scuola elementare gratuita ed obbligatoria non esiste nella pratica tanto è vero che nel 1862, su un totale di 475.876 abitanti, solo 5721 giovani frequentavano le scuole pubbliche.


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