Per agevolare la lettura, questa storia della scuola italiana è stato diviso in venticinque parti.
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LA SCUOLA DELINEATA DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE

La vera spinta ad una scuola moderna proverrà dalla Rivoluzione Francese, anche se, in quel Paese, si scontrarono varie tendenze ed ipotesi che di fatto non portarono immediatamente a nulla. I tempi ridotti, l'enormità dei problemi, il boicottaggio completo di tutti coloro che avrebbero potuto fare qualcosa, non permise la costruzione di un prodotto finito (almeno a livello di scuola popolare laica) ma stimolò solo la voglia e la capacità di farlo in epoca successiva. I documenti più interessanti che permettono di capire con quale spirito i rivoluzionari affrontarono il problema della scuola sono i cahiers de doléance. In essi leggiamo richieste, con accenti di assoluto realismo e moderazione, diverse a seconda di chi le avanza. Il clero richiede in sostanza [1]:

a) le prerogative della chiesa in materia scolastica devono essere mantenute e qua e là rafforzate. Perciò la religione dovrà continuare a costituire la base e il coronamento dell'insegnamento. Le congregazioni dovranno essere aiutate a svilupparsi. I non cattolici dovranno essere esclusi dal magistero.
b) In generale il clero è favorevole, sulla base sopra descritta, all'istituzione di una limitata istruzione popolare.
e) Il clero deve rientrare con funzione primaria nelle università.

La nobiltà mostra solo ostilità o indifferenza nei riguardi dell'educazione popolare. Essi si limitano a talune formule generiche circa l'utilità della pubblica istruzione. Viceversa, sul piano pratico, si preoccupano di chiedere l'istituzione di scuole speciali per giovani nobili, posti gratuiti nei collegi, scuole militari.
In compenso la nobiltà dimostra uno spirito abbastanza tollerante in materia religiosa.

Il terzo stato, si fa portatore delle lamentele e delle richieste della borghesia e dentro vi sono riflesse anche le oscure aspirazioni delle grandi masse contadine e operaie. Il terzo stato chiede:

a) la generalizzazione dell'educazione popolare. Qua e là si accenna all'obbligatorietà. Molto raramente alla gratuità, salvo che per gli indigenti.
b} L'intervento del potere civile in materia scolastica. Il più delle volte, però, si auspica una forma di collaborazione tra stato e chiesa.
e) Numerose sono le lamentele per il basso grado di preparazione dei maestri per i quali si chiedono un trattamento più conveniente ma anche seri esami e regolari controlli.
d) Si domanda la creazione di borse di studio e un maggiore decentramento dei collegi per favorire la prosecuzione degli studi ai giovani borghesi meno agiati.
e) Si auspica la parificazione dei giovani borghesi ai giovani nobili per quanto riguarda l'accesso alle scuole militari.
/) Per quanto si riferisce allo spirito informatore della scuola, la borghesia è discretamente tollerante e chiede un « catechismo civico » accanto al catechismo religioso.
g) Infine si auspica una riforma dei programmi in senso più realistico mediante l'attribuzione di maggiore importanza alle scienze, alla lingua materna e alle lingue moderne.

Sarà Condorcet a scrivere il Rapporto sull'Istruzione Pubblica, un progetto avanzatissimo per l'insieme di tutta la società: si parla di libertà di cultura, di libertà di ricerca, di libertà di insegnamento, si adombra l'educazione permanente, si sostiene che [1]

nessun potere pubblico deve avere l'autorità di impedire lo sviluppo di verità nuove o l'insegnamento di teorie contrarie alla sua particolare politica o ai suoi interessi contingenti.

L'indipendenza dell'istruzione fa parte dei diritti della specie umana. Dal momento che l'uomo ha ricevuto dalla natura una perfettibilità i cui ignoti limiti, se pure esistono, si estendono ben oltre la nostra immaginazione, poiché la conoscenza di verità nuove è per lui il solo mezzo per sviluppare questa felice disposizione, fonte della sua felicità e della sua gloria, quale potere avrebbe il diritto di dirgli: ecco ciò che bisogna che sappiate, ecco il punto in cui dovete arrestarvi? Poiché solo la verità è utile, poiché ogni errore è un male, con quale diritto un potere, quale che sia, oserebbe determinare dove è la verità, dove si trova l'errore?... Non si può arrestarsi senza tornare indietro; dal momento che si stabiliscono allo spirito umano degli argomenti che esso non potrà né esaminare né giudicare, questo primo limite posto alla sua libertà deve far temere che ben presto non rimanga alcun limite alla sua schiavitù. 

Ed a questo aggiunge una fondamentale distinzione, tra istruzione ed educazione: la scuola deve attenersi ad insegnare tutto ciò che si fonda su fatti e certamente mostrato dalla ragione; tutto il resto, credenze politiche e religiose, è compito della famiglia e delle chiese. E' un passo importante che segna la completa laicità della scuola rispetto ad ogni influenza autoritaria sulla formazione dei giovani.

Il Rapporto si chiude con la forte affermazione di donne che hanno i medesimi diritti degli uomini, non solo ad avere la stessa istruzione ma anche ad essere esse stesse docenti, sopravanzando in questo lo stesso Rousseau che limitava sensibilmente l'educazione femminile.

Progetti importantissimi, come si può vedere. Essi si scontravano con una realtà in rapido movimento e con situazioni non governabili.

Alla fine della Rivoluzione si avrà una situazione di insegnamento pubblico a carico della fiscalità generale ed un insegnamento privato finanziato dalle famiglie. La Chiesa, prima messa completamente da parte, verrà riammessa all'insegnamento senza ulteriori problemi (sarà invece la Chiesa a sollevarne continuamente e ad alimentare un clima di conflittualità permanente non rassegnandosi ad aver perso il potere politico; sarà lo stesso Papa Pio VII, al solito, a lanciare proclami a sostegno delle scuole cattoliche). Siamo insomma più o meno nella stessa situazione che si aveva prima della Rivoluzione ma da questo momento si impone uno spirito nuovo con il quale si guarda e si guarderà all'istruzione pubblica, laica, popolare e gratuita. 


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