Nichilismo, individuo, universalismo reale

Un percorso originale ed inedito di ricostruzione della filosofia marxista

V parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in otto parti.

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16. Nei Grundrisse, in un passo molto noto (che qui non trascrivo solo per ragioni di spazio), Marx connota il comunismo come il luogo sociale della libera individualità, contrapponendolo ai modi di produzione precapitalistici come il luogo della diseguaglianza personale ed al modo di produzione borghese-capitalistico come luogo dell'eguaglianza personale. Si tratta di tre parolette di cui occorre comprendere molto bene il significato. La base economica dell'eguaglianza giuridica borghese sta nell'astrattezza della forma di merce, che deve essere omogeneizzata ed "eguagliata" a tutte le altre merci, trasformando il denaro nell'unico criterio legalmente consentito di diseguaglianza materiale. Le "persone" sono dunque eguali, ma le persone (etimologicamente "maschere", prosopa) sono anche maschere di rapporti sociali diseguali. L'eguaglianza personale, che per Marx è indubbiamente un "progresso" rispetto alla precedente diseguaglianza personale asiatica, schiavistica e feudale, non può dunque essere la base di una libera comunità umana e sociale, e per questo (e solo per questo) Marx può essere definito comunista.

17. Vi è dunque nell'antropologia filosofica di Marx una feconda contraddizione. Da un lato, egli compie una scelta filosoficamente nichilistica rifiutando la via di Platone, di Spinoza e di Hegel, cioè la via della struttura veritativa logico-ontologica della realtà, ed in questo modo inevitabilmente finisce nelle secche dell'umanesimo, dello storicismo e dell'economicismo, surrettiziamente unificati nell'etichetta di materialismo. Dall'altro, la sua scelta antropologica in favore della libera individualità contro la semplice eguaglianza personale borghese è chiaramente anti-nichilistica, realistica, veritativa e di fatto anche logico-ontologica. Si tratta della più feconda contraddizione dentro Marx, la chiave assoluta del significato del suo pensiero. Basta questo per giustificare l'attributo a Marx di grande pensatore, purché si ammetta che egli ha lasciato ai suoi successori l'eredità non solo della sua dottrina, ma anche delle sue contraddizioni.

18. Nello stesso periodo storico in cui Marx giungeva alla proposta della libera individualità in opposizione alla semplice eguaglianza personale borghese Nietzsche effettuava una diagnosi del nichilismo nella cultura europea considerata da molti tuttora insuperata. Nietzsche critica contemporaneamente l'etica borghese del suo tempo, la religione cristiana ed il nascente socialismo, unificandoli tutti e tre sotto la comune categoria di "decadenza", istituendo così una sorta di grande narrazione che parte da Socrate, passa da Paolo di Tarso ed attraverso Rousseau giunge fino alla nascente socialdemocrazia tedesca. Al di là del fatto che i nicciani di destra la interpretano come la profezia dell'avvento di un Superuomo dominatore delle plebi ed i nicciani di sinistra la interpretano come l'avvento di un Oltreuomo superatore delle credenze metafisiche di ogni tipo (ennesima prova della sostanziale intercambiabilità fra sinistra e destra, due categorie politiche filosoficamente del tutto mute ed improprie), la diagnosi nichilistica di Nietzsche non intende denunciare l'oblio della categoria di verità, ma intende anzi propiziare il suo definitivo abbandono. L'ontologia cessa di essere un riferimento veritativo, per diventare una produzione energetica di un soggetto desiderante. Il culmine del niccianesimo non sta nell'esteta D'Annunzio né nell'eurodeputato Vattimo, ma in quell'Antonio Negri che parla di produzione dell'Essere da parte di moltitudini desideranti in cui non è più possibile distinguere animali, uomini ed organismi cibernetici (cfr. Impero, Rizzoli, Milano 2001, p. 98 e p. 415). L'incubo del capitalismo metropolitano viene così trasfigurato in un progetto comunista di emancipazione di un nuovo proletariato. Nulla di più diverso dall'antropologia filosofica di Marx, figlia di Spinoza e di Hegel, e basata appunto sulla differenza ontologica di principio fra animali, uomini e macchine.

La ragione per cui Nietzsche piace tanto oggi sta proprio nel fatto che il profeta tedesco incarna al massimo grado la democrazia come eguagliamento dell'orizzonte capitalistico dell'eguaglianza personale. Abolita la verità come prospettiva di una visione filosofica logico-ontologica della realtà (secondo le prospettive classiche di Platone, Aristotele, Spinoza ed Hegel), e ridottane la natura a funzione energetica della volontà di potenza individuale, si ha così di fatto un'omologia perfetta con il mondo capitalistico delle merci, dei consumi e dell'impresa. L'uomo imprenditore si muove appunto in un integrale vuoto ontologico, ed il suo desiderio di consumi sempre più sofisticati (e tendenzialmente illimitati) è mosso esclusivamente dal differenziale energetico di volontà di potenza che egli riesce a mettere in atto. La volontà di potenza è appunto l'estrinsecazione della sua energia imprenditoriale, esaltata dalla flessibilità e dalla precarietà di ogni attività umana, flessibilità e precarietà che costituiscono appunto il moderno nichilismo attivo, quello positivo e creativo. Si tratta ovviamente di un Nietzsche addomesticato e civilizzato, reso compatibile con la società civile e con lo stato di diritto, un Nietzsche teorico massimo di un capitalismo integralmente post-borghese.

Ma se questo Nietzsche è per me privo di ogni vero interesse filosofico (ed è appunto per questo che invece piace tanto agli sciocchi ed ai superficiali di oggi), resta il Nietzsche geniale diagnostico della condizione antropologica derivata dalla caduta delle vecchie certezze metafisiche. È a mio avviso il solo Nietzsche interessante. Lo scenario del nichilismo, secondo questo Nietzsche, dà luogo alla doppia figura dell'Eremita, colui che vive talmente appartato da non essere neppure stato informato della morte degli dei, e dell'Ultimo Uomo, che è informato della morte degli dei, ed appunto per questo ne trae cinicamente la conclusione che tutto è ormai possibile. Mentre di superuomini-oltreuomini non se ne vedono, nessuno ne ha mai visti e non se ne vedranno mai, perché si tratta di semplici proiezioni velleitarie ed illusorie di soggettività nichilisticamente sbandate, di eremiti e di ultimi uomini sono piene le strade, i parlamenti, i governi, le sezioni dei partiti, gli studi pubblicitari, le case editrici, i giornali e le televisioni.



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