Gianugo Cossi

Il contributo dei classici alla sociologia dell’arte
 



Recensione di Miguel Martínez

Editore: Aracne Editrice (Lanuvio; Roma)
Anno: 2005
Genere: saggistica artistico-sociologica



Segnalo l’uscita di un libro, dall’argomento teorico, ma interessante: Il contributo dei classici alla sociologia dell’arte, di Gianugo Cossi, pubblicato dalla Casa Editrice Aracne (Lanuvio; Roma) specializzata in pubblicazioni scientifico-accademiche.

Anzitutto, cos’è la sociologia dell’arte? Questo particolare campo di ricerca (formatosi nel corso del quindicennio 1955 - 1970ca.) persegue lo scopo della “comprensione politica” dell’arte. Perciò, tale conoscenza non riguarda il bello, ma il vivo contesto della vita sociale: più precisamente, gli interessi di potere, ed economici che muovono le attività degli artisti, del partitismo culturale e degli organizzatori di aventi. La sociologia dell’arte è quindi naturale erede della storia sociale e delle varie correnti materialiste del Novecento, tra cui certamente la più importante (ma non certo la sola) risulta quella marxista. Ma ce ne sono altre: economia dell’arte; iconologia; storia del collezionismo; ecc. Non è perciò strano che il periodo in cui la sociologia dell’arte è stata alla moda (un periodo breve) si colloca fra i primi anni 1970 e l’inizio degli anni 1980. Fase sociale piena di fermenti, contraddizioni, strade alternative di ricerca, che hanno coinciso, tra l’altro, con la stagione di popolarizzazione massima delle analisi marxiste negli studi estetici. La lettura marxista dell’arte, con le sue intense critiche alla vita culturale dell’Occodente capitalista, e delle sue finalità concrete (tramite il successo di pittura e scultura; le sole tecniche trattate nell’opera) ha prodotto due correnti distinte: storia sociale del’arte e poi, la soc. dell’arte.

Secondo la scuola critica (dalla Scuola di Francoforte, al marxista P. Bourdieu), oggi quasi del tutto abbandonata, gli inganni perpetrati dal successo estetico hanno sempre ubbidito agli interessi delle egemonie di classe. L’arte, con il Rinascimento, potenzia la sua posizione di propaganda (corrispondendo agli interessi dei signorotti, della raffinata indifferenza degli alto-borghesi e dell’alto clero) e dell’arte ci si serve per far trionfare: il conformismo; il culto borghese e reazionario della personalità dell’artefice, o di chi lo sovvenziona; e anche, l’affermazione politica e ideologica delle “famiglie” egemoni e del loro “stile di vita” (da A. Adler; 1970 - 1937). Studiosi culturali e sociali, come i marxisti ungheresi Gyorgy Lukacs (1885 - 1971), Arnold Hauser (1892 - 1978) e, più noto di tutti, il tedesco Walter Benjamin (1892 - 1940), sono stati importanti per definire in senso letterario (se non proprio scientifico) il valore e le caratteristiche della sociologia delle arti visive. Perciò - e non è strano - per quanto il testo del Cossi non tratti specificamente il pensiero di Marx, il suo esempio materialista “di smascheramento” riaffiora come seconda voce nei quattro capitoli dedicati ai “fondatori” della sociologia. I cosiddetti “classici”. Nell’ordine seguito dall’opera: il francese Emile Durkheim (1857 - 1917), i tedeschi Georg Simmel (1858 - 1918) e Max Weber  (1864 - 1920) e l’italo-francese Vilfredo Pareto (1848 - 1923).

Il capitolo più “romanzato” è certo quello su Pareto, in cui si propone un’analisi dell’arte interessata allo studio sociologico della propaganda, diretta dalle finalità delle elites che vogliono venderla e mitizzarla. Più il promotore ha potere, più l’arte che egli promuove avrà successo; e non si vuole qui fare del determinismo, ma parlare in termini di “probabilismo sociale”. Per esempio, dopo il Concilio di Trento (1545 – 1563) la pittura e, in generale, ogni tipo di forma estetica è stata sponsorizzata dalla chiesa cattolica per solleticare i gusti del pubblico, colpirlo, terrorizzarlo, inquietarlo, convincere le masse ad assumere i comportamenti più accettabili per i committenti “e le oligarchie poste alla testa del sistema sociale” (Hauser, 1956). Se il potere politico non riesce a “far vincere” l’arte, figuriamoci la debolezza politica! Il breve saggio potrebbe anche terminare con questo aforisma, dal vago retrogusto krausiano.  



Per informazioni sull'acquisto, consultare il sito della casa editrice.

Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




e-mail


Visitate anche il blog di Kelebek

Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca