Alterazioni del paesaggio

terza parte
 

di Walter Catalano
pubblicato qui agosto 2005



La testa del bambino palestinese si spappolò come un melone maturo lasciando sulla polvere rossastra del viale sterrato una stella più rossa, fatta di sangue, materia cerebrale e frammenti ossei.

"Tombola !" - esclamò il cecchino ridendo. "Te l'avevo detto che lo pigliavo al primo colpo. Passami una birra Uri."

Uri non si fece pregare. Ruttando passò la lattina e imbracciò a sua volta il fucile di precisione.

"Ora tocca a me." Soppesò l'arma poi si arrestò, come riflettendo. "Siamo proprio sicuri però che il tenente non avrà da ridire ? In fondo quello non si era mica avvicinato alla recinzione. Dobbiamo sparare solo se sono a meno di dieci metri dalla recinzione. Lo stronzetto passava solo in mezzo alla strada."

"Quando è caduto in terra però è ruzzolato a meno di dieci metri ! " - il cecchino si strozzò dalle risate spruzzando birra in tutte le direzioni. "Te lo dico io, il tenente è contento. Più ne facciamo fuori di quelli là, più è contento. L'altro giorno si è fatto fare anche la fotografia con la cacciagione, così la chiama lui, per la sua ragazza a Tel Aviv. Ne avevamo beccati quattro e non erano mica vicini al recinto. Gli ordini sono impliciti: meno ne lasciamo in giro, meglio è. Quando hai dubbi spara comunque, così non rischi niente."

Rinfrancato Uri scrutò attraverso il cannocchiale di precisione. Vide solo polvere e macerie nel riverbero abbagliante del sole.

A meno di duecento metri dal posto di avvistamento invece Nabil strisciava come un serpente fra le macerie. Più indietro si ergeva la torretta di controllo dove un solo ufficiale comandava almeno una decina di droni. Aveva superato con fortuna insperata la rete elettrica di protezione sfuggendo alla vista dei due cecchini appostati oltre il terrapieno ed ora procedeva lento ma determinato sudando e ansimando piano.

L'immagine del kamikaze non si addiceva a Nabil e, tutto sommato, neanche quella dei suoi padri fedayn. Non voleva essere un martire ma un guerriero che colpisce e salva la pelle per poter colpire ancora. Un partigiano, così gli piaceva pensarsi. Si era costruito due molotov molto artigianali con cui era riuscito ad incendiare una jeep. L'aveva fatta franca già una volta trovando poi dei compagni che gli avevano passato un kalashnikov con diversi caricatori e un pugnale. Ora ci riprovava: gli avevano detto di eliminare i cecchini e tirar giù più droni possibile.

Solo due cecchini e un ufficiale: ce la poteva anche fare. Aveva appena visto il bambino stramazzare colpito senza poter intervenire per salvarlo e fremeva di rabbia e di odio. Sentiva che la rabbia e l'odio lo aiutavano.

Ebbe fortuna e non dovette attendere a lungo. Uri uscì dal piccolo bunker e si accucciò dietro un muretto di mattoni dove resti evidenti e maleodoranti sul breve spazio sabbioso denunciavano il suo uso improprio come improvvisata toilette da campo.

Nabil aspettò che l'israeliano fosse nel bel mezzo della delicata funzione poi, pugnale alla mano, pensò forte al bambino appena ucciso, a tutti i bambini uccisi, e scattò.

Morire non è mai dignitoso ma la morte di Uri non fu meno dignitosa della sua vita. Rotolò sulla sabbia a contemplare sangue e escrementi che si mescolavano. L'ultima cosa che vide fu un mucchietto di merda rossastra e la ruach - avrebbe detto un cabalista, il soffio vitale - non gli uscì in un sospiro né in un singulto ma in un lungo, estenuato peto.

Preoccupato per l'assenza prolungata del compagno anche l'altro cecchino oltrepassò il terrapieno ma non fece in tempo a vedere il corpo riverso: la lama di Nabil lo colse proprio alla base della nuca trapassandogli il cervelletto.

Gettati i cadaveri nella latrina, il palestinese si impossessò del fucile di precisione - al campo ce n'erano un paio, rubati, e aveva imparato ad usarli - e si portò furtivamente in un punto da cui potesse vedere l'ufficiale arroccato nella sua bassa torretta. Ora lo inquadrava in pieno nel cannocchiale, assorto a scrutare i monitor di controllo dei droni, quasi fosse a due passi da lui. Non c'era modo di sbagliare. Trattenne il respiro e, con calma, premette il grilletto.

La raffica improvvisa tagliò il tenente praticamente in due facendo esplodere monitor e consolle. Una ragazza a Tel Aviv avrebbe presto pianto contemplando le foto ricordo di un povero, vecchio fidanzato con "cacciagione": gli incidenti di caccia sono una questione triste.

Nabil invece non apprezzava i souvenir e non aveva fidanzate nè tempo. Gli restavano circa dieci minuti prima che i droni o una pattuglia corazzata piombassero sul posto. Ora poteva anche correre e corse. C'erano molti compagni che lo aspettavano lungo le strade verso il Sinai nel disperato tentativo di bloccare le colonne di deportati e salvare i prigionieri.


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