Caresto - Testimonianza di Ornella

 
    Il 5 febbraio 2006 abbiamo ricevuto un'email con una importantissima testimonianza di prima mano di Ornella, una ragazza che è stata in "comunità" a Caresto per molti anni e che tutti ricordiamo.
    Nel ringraziarla per il suo contributo vogliamo dire a tutti coloro che si permetteranno il lusso di attaccarla, che non solo rischiano di andarci mezzo con una denuncia per molestie o per calunnia, ma che rischiano anche di essere coinvolti con eventuali procedimenti ecclesiali o civili. Una testimonianza, per quanto scomoda sia, va presa con serietà e carità altrimenti, visto che ormai la questione è risaputa da tutta Italia, si darà inevitabilmente man forte a chi ha denunciato abusi, minacce e soprusi. ovvero sarà chiaro che queste denunce sono tutte vere.

Mi chiamo Ornella Carciani e ho vissuto a Caresto per 15 anni, dal febbraio 1989 al 2000. [Anzi, per essere precisi ebbi la mia ufficiale e regolare residenza a Caresto dal 1989 all'autunno 2001, data in cui attraverso le operazioni del 14° Censimento Nazionale, l'ufficio anagrafe del Comune di S. Angelo in Vado, facendo decadere la mia residenza a Caresto, mi chiese di notificare loro il nuovo indirizzo della mia abitazione].
Io ero rientrata a S. Angelo dal 1°settembre 2001, dopo un anno a Villa S. Giuseppe di Bologna. Avevo stabilito con p.Paolo che il mio primo tempo di rientro fosse una cosa graduale. Lui insistette molto perchè io avessi un lavoro autonomo, per non versare i soldi a Daniela e don Piero. Ma eravamo giunti alla conclusione che per un periodo io abitassi anche fuori Caresto. Così al mio rientro da Bologna andai in affitto in centro paese. E fu lì che mi trovò il censimento a ottobre.
Io non potei mai capire quanto fosse regolare l'operazione che fecero. L'accordo (a cui eravamo giunti io, p.Paolo, don Piero e Daniela) prevedeva che dopo un periodo sabbatico sarei rientrata a tutti gli effetti a Caresto.
Durante il censimento, per chi si trovava fuori temporaneamente, andava compilata una scheda diversa, come una qualsiasi famiglia che ha il figlio fuori per motivi di studio e che quindi non viene trovato nel luogo della sua abituale residenza.
Invece Daniela mi cancellò, affermò che io non ero presente e che non avevo più lì la mia abitazione.
Nessun vigile naturalmente andò a controllare che a Caresto c'era ancora la mia stanza, con i miei vestiti e i libri. Conservo foto e email di come mi vennero fatte poi pervenire le mie cose sotto casa, dentro degli scatoloni nella primavera del 2002. Non ebbi mai più accesso alla mia stanza a Caresto. A gennaio 2002 l'anagrafe del comune mi convocò per dichiarare loro ufficialmente la mia nuova abitazione.
Mi permetto di intervenire dietro i recenti comunicati mandati in giro dalla "Comunità di Caresto".
In particolare faccio riferimento a una mail dell' "Eremo Caresto" all'indirizzo di posta elettronica della parrocchia di S. Angelo in Vado in data 30 dicembre 2005 e rinvenuta presso alcuni esercizi pubblici del paese.
In essa si afferma che dall'attività lavorativa - del forno - attingono lo stipendio Daniela e 3 persone assunte part-time.
Il forno, oggi gestito dalla "Caresto s.r.l." fino al 14 maggio 2001 era una ditta individuale che portava il mio nome.
Voglio però precisare che in 10 anni (anzi 13 se si considerano anche i tre anni precendenti al '91 in cui l'attività di panificazione era regolarizzata con la mia iscrizione alla Coldiretti), in tutti i miei anni di lavoro nel forno non ho mai percepito uno stipiendio. I proventi dell'attività venivano versati direttamente in un conto corrente intestato o a don Pasquini o alla Comunità di Caresto.
Dopo grande fatica e in seguito ad estenuanti discussioni il 26 settembre 2003, a due anni dalla mia involontaria uscita da Caresto, si giunse ad un accordo per una transazione economica di 26.000 euro [che ricevetti in assegni circolari emessi dalla Banca Popolare di Ancona, filiale di S. Angelo in Vado].
Nel testo dell'accordo si dichiarava che "in considerazione che la medesima (Ornella) ha prestato la sua attività allo sviluppo della Comunità negli anni migliori della sua giovinezza, quale scopo di gratitudine e perchè possa riprendere gli studi, la Comunità le elargisce la somma di ...", a conferma del fatto che questo doveva costituire una sorta di liquidazione o di ricompensa una tantum per i tanti anni di attività svolta in forma gratuita senza mai aver percepito il corrispettivo per il lavoro svolto.
La s.r.l. è stata costituita dopo quello che hanno fatto a me.
L' associazione "Comunità di Caresto" è no profit, dove gli associati contriibuiscono all'opera ma per la quale non possono prendere del denaro. Però questa associazione è socia al 90% della s.r.l. e i proventi della s.r.l. dicono loro che vengono versati nell'associazione "Comunità di Caresto". I debiti invece li avrebbe contratti l'associazione "volontari". Dunque i soldi veri, chi li intasca?

 
 

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